Trasformazione di snc in srl e responsabilità in proprio dei soci per le obbligazioni pregresse Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 20/05/2021, n. 13772

By | 22/06/2021

CASS. CIV., SEZ. VI, ORDINANZA 20/05/2021, N. 13772

«In caso di trasformazione di s.n.c. in s.r.l., la liberazione dei soci illimitatamente responsabili per le obbligazioni pregresse a mente dell’art. 2500 quinquies cod. civ. costituisce un atto di rinuncia del creditore alla garanzia ex lege in cui si sostanzia la responsabilità dei soci delle società in nome collettivo.

Trattasi, cioè, di una fattispecie remissiva che, pur non essendo soggetta a particolari requisiti di forma, in tesi generale non può comunque presumersi e, se può essere frutto anche di un comportamento concludente, deve essere comunque accompagnata da circostanze significative e inequivoche, assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi del diritto di credito.

L’ipotesi presuntiva prevista dell’art. 2500 quinquies, 2° co., dal canto suo, può configurarsi solo nel caso di rigoroso rispetto del percorso normativo stabilito dalla norma.

Dunque, la comunicazione della trasformazione societaria ai creditori ivi prevista, se può provenire tanto dalla società, quanto da uno dei suoi soci, deve avere come oggetto specifico la trasformazione della società, deve essere indirizzata ai singoli creditori e deve contenere la notizia circostanziata della deliberazione di trasformazione, nonché dell’intenzione dei soci di liberarsi dalla responsabilità illimitata per le obbligazioni precedenti.

Nessun valore, dunque, potrebbe in ogni caso essere riconosciuto a una conoscenza che il creditore abbia conseguito aliunde, ivi compresa quella che in via incidentale e indiretta venga a derivare da atti della società, in corso di trasformazione o a trasformazione completata, ovvero da uno dei soci della medesima» (Massima non ufficiale)

FATTI DI CAUSA

1. – Nell’ottobre 2009, la s.n.c. [Omissis] stipula contratto preliminare di vendita di un immobile con [Omissis], [Omissis] e [Omissis]. In prosieguo di tempo, i promittenti acquirenti scoprono, peraltro, che l’immobile risulta gravato da più «posizioni pregiudizievoli» (esecuzione immobiliare in corso; domanda di esecuzione in forma specifica del contratto di compravendita di altro acquirente; ipoteca giudiziale iscritta da creditore sociale).

Assumendo la violazione dell’art. 9 del preliminare (in cui i promittenti alienanti garantivano la piena e assoluta proprietà del bene e la sua libertà da ogni peso e vincolo), nonché la violazione degli obblighi di correttezza e buona fede, costoro recedono dal preliminare e, con ricorso ex art. 702 cod. proc. civ., chiedono la restituzione degli acconti già corrisposti e il pagamento del doppio della caparra versata ex art. 1385 cod. civ.

Con provvedimento depositato nel febbraio 2014, il Tribunale di [Omissis] accoglie le domande attoree. condannando al pagamento delle pertinenti somme la s.r.l. [Omissis] – in cui nel frattempo si era trasformata l’originaria società in nome collettivo – e i soci di quest’ultima, [Omissis].

2.- Avverso questa decisione [Omissis] propone appello avanti alla Corte di [Omissis], convenendo in giudizio, oltre i promittenti acquirenti e attori in primo grado, la s.r.l. [Omissis] (nel frattempo dichiarata fallita) e i consoci [Omissis] e [Omissis] (che entrambi decedono nel corso del procedimento di impugnazione).

3.- Con sentenza depositata il [Omissis], la Corte [Omissis] respinge l’appello, confermando integralmente la ordinanza impugnata (ma dichiarando pure l’estinzione del giudizio nei confronti degli eredi di [Omissis]).

4.- La sentenza argomenta la propria decisione, svolgendo la seguente fila di passaggi.

Constatato che la «[Omissis] saldò quanto dovuto a seguito del pignoramento immobiliare prima dell’istanza di vendita» e che la mancata cancellazione della relativa trascrizione non può «per ciò solo, essere ritenuta(di non scarsa importanza», essa rileva, «in merito alle altre posizioni pregiudizievoli», che «sebbene furono poste in essere successivamente alla trasformazione della s.n.c. in s.r.l., le stesse non sono di scarsa importanza, ma tali anzi da ‘tendere impossibile l’adempimento dell’obbligazione originaria».

In via conseguente, condanna ai pagamenti e alle restituzioni richiesti dagli attori del primo grado. A tali versamenti sono tenuti, oltre alla società, anche i «soci illimitatamente responsabili della s.n.c., in solido con la società».

5.- Per quest’ultimo proposito – prosegue la pronuncia -, risulta in particolare che, dopo la stipula preliminare, la s.n.c. venne trasformata (nel luglio 2010) in s.r.l.: i «promissari acquirenti non furono informati secondo il disposto dell’art. 2500 quiquies cod. civ. a mezzo raccomandata a.r. circa la trasformazione sociale, impedendo la liberazione dei soci illimitatamente responsabili».

«La circostanza riferita dall’appellante, che i creditori [i.e.: i promittenti acquirenti dell’immobile] ben conoscessero l’avvenuta trasformazione per avere effettuato i pagamenti successivi alla stessa in favore della società a responsabilità limitata, non può rilevare. I creditori infatti potrebbero avere pagato alla s.r.l. senza però avere alcuna intenzione di liberare i soci della s.n.c.».

In ogni caso, la norma in esame non ammette strumenti diversi dalla comunicazione. Può ritenersi sufficiente qualsiasi forma di comunicazione, che permetta di provare l’avvenuto ricevimento (corna la posta certificata), nonché una notizia sommaria dell’avvenuta trasformazione, tuttavia nel caso specifico è pacifico che nessun tipo di comunicazione è stata inviata agli acquirenti». Per questo «non può assumere alcuna rilevanza il comportamento dei creditori successivo alla trasformazione, né i soci della s.n.c. possono ritenersi liberati per le obbligazioni assunte precedentemente alla stessa, come quella discendente dal contratto preliminare dell’ottobre 2009».

6. Avverso questa sentenza [Omissis] presenta ricorso, basandolo su quattro motivi di cassazione. Nessuno degli intimati svolge attività difensive nel presente grado di giudizio.

RAGIONI DELLA DECISIONE

7.- I motivi di ricorso risultano intestati nei termini che qui di seguito vengono riportati.

Primo motivo: «nullità della sentenza in relazione all’art. 360 cod. proc. civ. n. 4 per violazione dell’art. 132 comma 2 n. 4 cod. proc. civ.».

Secondo motivo: «violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto e in particolare degli artt. 116 cod. proc. civ., 2476 comma 7, 2500 comma 3, 2500 quinquies comma 1 cod. civ. in relazione all’art. 360 n. 3 cod. pro. civ.».

Terzo motivo: «omessa valutazione di un fatto storico decisivo risultante dagli atti di causa ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ.». Quarto motivo: «violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto e in particolare degli artt. 116 cod. proc. civ., 2500 comma 3, 2500 quinquies comma 2 cod. civ. in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.».

8.- Con il primo e il secondo motivo di ricorso – che sono da trattare in modo congiunto in ragione della loro stretta contiguità -, il ricorrente rileva che alla sua posizione, di socio di s.n.c. trasformatasi in s.r.l.., risulta al più riferibile la mancata trascrizione della cancellazione del pignoramento dell’immobile, che la stessa Corte di Appello ha tuttavia giudicato comportare solo un «inadempimento di scarsa importanza».

Di certo non gli sono riferibili – così si procede – le altre «posizioni pregiudizievoli». Queste si sono verificate dopo l’avvenuta trasformazione della società: se la sentenza impugnata ha ritenuto che le stesse rendano «impossibile» l’adempimento dell’obbligazione originaria dei promittenti acquirenti, questo è un affare che riguarda unicamente la società, di cui comunque gli «ex soci della s.n.c. non possono rispondere personalmente».

E tanto meno – si segnala altresì – potrebbe venire a rispondere l’ex socio [Omissis] che è stato «estromesso di fatto dalla società [a responsabilità limitata] nel periodo febbraio – agosto 2011».

9.- Il tema, che viene portato dal primo e dal secondo motivo di ricorso, si concentra sulla individuazione del momento temporale che determina la «cessazione» del regime di responsabilità illimitata dei soci e l’«avvio» di quello di responsabilità limitata della società che fuoriesce dalla trasformazione.

Nel sistema vigente, il relativo passaggio disciplinare risulta da un lato collocato nel momento in cui la trasformazione prende effetto ex art. 2500, comma 3, cod. civ. e posizionato, dall’altro, rispetto alle «obbligazioni sorte» (prima o) dopo il verificarsi di tale momento, secondo quanto è disposto dal comma 1 dell’art. 2500 quinquies cod. civ.

L’interpretazione di questa formula legislativa non risulta, per la verità, destare dubbi o perplessità particolari: il riferimento va diretto, infatti, al tempo di formazione del titolo che viene a fare «sorgere», e perciò pure a reggere, le diverse obbligazioni in discorso. In questa direzione è anche da rimarcare – pare opportuno sottolineare – il chiarimento apportato dalla diversità di formula utilizzata dalla norma attuale rispetto a quella adoperata dall’omologa disposizione vigente sino alla riforma del 2003: mentre quella dell’art. 2499 discorreva in genere di «obbligazioni anteriori», quella attuale si ferma appunto sulle «obbligazioni sorte prima..».

Il riferimento non va, di conseguenza, al tempo in cui l’obbligo diviene, nell’eventualità, successivamente esigibile o comunque operativo: ché una simile lettura, oltre a contrastare con la lettera del dettato normativo, conferirebbe in via correlata all’istituto della trasformazione societaria un tratto di retroattività effettuale da cui, invece, l’ordinamento in principio rifugge, in funzione di una migliore tutela dei creditori e del mercato.

Nel caso delle obbligazioni ex contractu, a contare è, dunque, il tempo in cui il negozio viene concluso (cfr., per una chiara indicazione in questa direzione, già la pronuncia di Cass., 18 novembre 2013, n. 25846).

10.- Posti gli svolti rilievi di carattere generale, il fatto che, nella specie, le «posizioni pregiudizievoli» dell’immobile siano intervenute dopo la trasformazione della società da s.n.c. in s.r.l. non può certamente possedere il peso decisivo che per contro vuole assegnarvi il ricorrente.

Nella prospettiva propria della presente fattispecie concreta, l’obbligazione dei soci, di cui si discute, si affianca (nei sensi e termini di cui agli artt. 2291 e 2304 cod. civ.) a quella assunta dalla società – quale promittente alienante – di assicurare la piena e libera disponibilità dell’immobile compravenduto fino al tempo di stipula del definitivo.

Secondo quanto non contestato in causa, tale obbligo trova la sua radice causale e il suo titolo nella clausola dell’art. 9 del contratto preliminare, pure pacificamente stipulato in epoca precedente al dispiegarsi della vicenda trasformativa.

Nella specie concreta, la clausola dell’art. 9 del preliminare viene più precisamente a delineare un «impegno di garanzia» a carico del (promittente) alienante, che appunto è inteso ad assicurare al (promittente) acquirente il risultato oggettivo della piena e libera disponibilità dell’immobile di cui al trasferimento (su questa «categoria» di obbligazioni v., di recente, la pronuncia di Cass., 15 ottobre 2020, n. 22429). Il manifestarsi di una «posizione pregiudizievole» non fa, di conseguenza, che manifestare la compiuta violazione dell’obbligo in questione.

11.- Ciò fermato resta ancora da aggiungere, in materia, che si manifesta senz’altro inconferente l’ulteriore affermazione del ricorrente, per cui egli sarebbe stato «estromesso di fatto dalla società a responsabilità limitata nel periodo febbraio – agosto 2011», come pure il connesso richiamo alla disposizione dell’art. 2476, comma 7, cod. civ. (cfr. sopra, n. 8, ultimo capoverso).

E questo, sia perché il tema presente riguarda la responsabilità del socio di società collettiva e non già la peculiare ipotesi di responsabilità prevista dalla citata norma per il caso della società a responsabilità limitata; sia pure perché, ai fini in esame, la formula della «estromissione di fatto» risulta priva di un qualunque apprezzabile significato.

12.- Il primo e il secondo motivo di ricorso risultano, pertanto, infondati.

13.- Il terzo e quarto motivo di ricorso riguardano il distinto (pur se al precedente connesso) tema dell’eventuale liberazione dei soci illimitatamente responsabili da una o più delle obbligazioni sorte in epoca anteriore alla trasformazione, per consenso del relativo creditore, ai sensi del comma dell’art. 2500 quinquies cod. civ.

Gravitando sullo stesso tema, i due detti motivi vanno esaminati in modo unitario.

14.- Segnala in proposito il ricorrente che i promittenti acquirenti ebbero a versare l’acconto del prezzo dell’immobile mediante bonifico bancario avente come proprio destinatario la «[Omissis] s.r.l..». Costoro, dunque, sapevano dell’avvenuta trasformazione, sottolinea il ricorrente. Per aggiungere che, «qualora il giudicante avesse valutato correttamente tale fatto storico, non avrebbe potuto giungere che alla conclusione di cui all’art. 2500 quinquies cod. civ.».

«Altrimenti non si spiegherebbe» – così si specifica ancora – perché il pagamento, se alcuna comunicazione i promissari acquirenti avessero ricevuto, fosse stato effettuato in favore della [Omissis] s.r.l. e non già alla [Omissis] s.n.c.». Una qualche comunicazione, perciò, non poteva non esserci stata.

Di conseguenza – si conclude -, dato che i promittenti acquirenti «non hanno manifestato il loro dissenso alla liberazione dalla responsabilità solidale degli ex soci», si deve per forza «presumere il loro consenso».

15.- Il terzo e il quarto motivo di ricorso non sono fondati e non possono quindi essere accolti.

16.- Nell’avviare l’esposizione in proposito, appare opportuno evidenziare che la «liberazione» dei soci illimitatamente responsabili, che risulta prevista nella norma dell’art. 2500 quinquies cod. civ. (come possibile interruzione della regola base della permanenza di responsabilità), si atteggia propriamente come un atto di rinuncia del creditore (cfr. la norma dell’art. 1236 cod. civ.): come rinuncia, ancor più precisamente, alla garanzia ex lege in cui si sostanzia la responsabilità dei soci delle società in nome collettivo (sul tema cfr. la recente decisione di Cass., 20 gennaio 2021, n. 979).

Per questa specifica ipotesi di rinuncia del creditore, la norma dell’art. 2500 quinquies cod. civ. prevede due possibilità costitutive. Una è scritta nella parte finale del comma 1; all’altra è dedicata il comma 2 della disposizione.

17.- La possibilità prevista nel comma 1 della norma riproduce la fattispecie generale di remissione del credito (sub specie, di rinuncia alla garanzia personale che assiste il diritto; cfr. la orma dell’art. 1238 cod. civ.). Come tale, per essa valgono senz’altro le regole generali che la giurisprudenza di questa Corte ha fissato per tale figura.

In particolare, per quanto qui interessa, la remissione, «quale atto abdicativo di natura negoziale, esige e postula che il diritto di credito si estingua conformemente alla volontà remissoria e nei limiti da questa fissati, ossia che l’estinzione si verifichi solo se e in quanto voluta dal creditore»; pur non essendo soggetta a «particolari requisiti di forma», la remissione «non può comunque presumersi»; se può essere frutto anche di un comportamento concludente, è tuttavia in ogni caso «indispensabile che la volontà abdicativa risulta una serie di circostanze significative e inequivoche, assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi del diritto di credito» (per tutti questi aspetti cfr. la recente Cass., 22 maggio 2020, n. 9464, ove pure amplissimi riferimenti degli arresti precedenti).

18.- La possibilità prevista nel comma 2 dai dell’art. 2500 quinquies, se continua a inscriversi nello stesso ambito della altra – e quindi comunque rappresenta un atto negoziale del creditore (cfr., del resto, l’incipit del comma) -, per altro viene a delineare un particolare percorso di manifestazione della volontà di quest’ultimo, secondo quanto articolato dalla norma in questione (in dottrina, si parla anche, in proposito, di «procedimento di liberazione» dalla responsabilità; ma v. già Cass., 8 agosto 2002, n. 11994, che sotto il profilo strutturale vi ravvisa la presenza di un apposito «interpello, con il quale si assegna al creditore uno spatium deliberandi»).

Come si vede, questo percorso normativo si manifesta, in sé stesso, di stretta interpretazione: sia perché è comunque espressivo di una volontà abdicativa di un diritto; sia pure, e on meno, perché tale percorso si sostanzia nell’assegnare un determinato valore giuridico (remissorio, appunto) al silenzio: nell’assegnare, quindi, al creditore un onere di loquere (per negare la prestazione del consenso).

19.- Ne segue che può aversi un consenso liberatorio «presunto» solo nel caso di rigoroso rispetto del percorso normativo che risulta stabilito dalla norma.

Così, in particolare, la comunicazione, se può provenire tanto dalla società, quanto da uno dei suoi soci, deve avere come oggetto specifico e proprio la trasformazione della società e dev’essere indirizzata ai singoli creditori (secondo la già citata Cass., 11994/2002, per essere efficace la comunicazione deve «contenere la notizia circostanziata della deliberazione di trasformazione, nonché dell’intenzione dei soci di liberarsi dalla responsabilità illimitata» per le obbligazioni precedenti).

D’altro canto, la comunicazione deve essere trasmessa con un mezzo che in ogni caso garantisca la dimostrazione dell’avvenuto ricevimento, ne sia cioè prova pronta e liquida (sul punto cfr. Cass., 29 dicembre 2020, n. 29745).

Come è agevole vedere, nessun valore potrebbe in ogni caso essere riconosciuto a una conoscenza che il creditore abbia conseguito aliunde, ivi compresa quella che in via incidentale e indiretta venga a derivare da atti della società, in corso di trasformazione o a trasformazione completata, ovvero da uno dei soci della medesima (sul tema v. anche Cass. 3 aprile 2008, n. 8530).

20.- In conclusione, il ricorso dev’essere rigettato.

Non ha luogo a provvedersi per le spese relative al giudizio di legittimità, in ragione della mancata costituzione dei soggetti intimati.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso.

Dà atto, ai sensi del d.p.r. n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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