Sulla possibilità per il C.N.F. di integrare la motivazione della decisione disciplinare impugnata C.N.F., 04/12/2020, n. 234

By | 18/06/2021

C.N.F., 04/12/2020, N. 234

«La mancanza di adeguata motivazione (nella specie, peraltro esclusa) non costituisce motivo di nullità della decisione del Consiglio territoriale, in quanto, alla motivazione carente, il Consiglio Nazionale Forense, giudice di appello, può apportare le integrazioni che ritiene necessarie, ivi compresa una diversa qualificazione alla violazione contestata. Il C.N.F. è infatti competente quale giudice di legittimità e di merito, per cui l’eventuale inadeguatezza, incompletezza e addirittura assenza della motivazione della decisione di primo grado, può trovare completamento nella motivazione della decisione in secondo grado in relazione a tutte le questioni sollevate nel giudizio sia essenziali che accidentali»

FATTO

Nei due procedimenti, riuniti dinanzi al Consiglio Nazionale Forense alla udienza del [Omissis], si era proceduto contro l’incolpato quanto al 1° (decisione n. [Omissis]):

1. “per essersi reso colpevole l’avv. [Omissis] della violazione dell’art. 19 del Nuovo Codice Deontologico (Art. 22 prev. Codice deont.) in quanto nel corso di un incontro presso il suo studio con tale signor [Omissis], nel richiedere a costui il pagamento delle competenze legali afferenti una controversia di lavoro patrocinato unitamente all’avv. [Omissis], suo collaboratore di studio, che aveva avuto in consegna le somme avute in pagamento dalle competenze legali stesse, lasciava intendere che il medesimo avv. [Omissis] avesse trattenuto per se quanto versato dal signor [Omissis] in luogo di versarle allo studio [Omissis], come invece era stato fatto, non serbendo quindi, nei confronti del collega [Omissis] un comportamento ispirato a correttezza e lealtà.

In [Omissis] in epoca prossima all’ [Omissis]”.

2. “per essersi reso colpevole, l’avv. [Omissis], della violazione dell’art. 42 comma 1 del nuovo Codice Deontologico (art. 29 n. 1 del previgente codice deontologico) in quanto nelle circostanze di cui al capo 1) apostrofava il collega [Omissis] con il termine “capra” ritenendo non corretto il comportamento dello stesso nella gestione della pratica, denigrando così l’attività professionale posta in essere dall’avv. [Omissis].

In [Omissis] in epoca prossima al [Omissis]”.

Quanto al 2° (decisione n. [Omissis]):

1. “per essersi reso colpevole, l’avv. [Omissis] della violazione degli artt. 19 e 42 comma 1 del Nuovo Codice Deontologico (art. 22 e 29 n. 1 prev. Codice deont.), in quanto nel corso di un colloquio presso il suo studio con tale signor [Omissis] esprimeva apprezzamenti denigratori nei confronti dell’avv. [Omissis], suo ex collaboratore di studio, usando espressioni del tipo “ho avuto la disavventura….di un collaboratore che ha pensato di cercare di fare l’avvocato a spese mie” “…… É una vergogna. Mi vergogno”….”checché ne voglia dire il testa di cazzo comune”….” le bestie hanno pensato bene di portarsi tutto e di formattare e azzerare tutti i dati del computer” “……perché non ha fatto niente? . Perché non è in grado?

“questi due signori (avv.ti [Omissis] e [Omissis]) che non sono mai andati lontano, né professionalmente né personalmente. Ok? ma questo che è andato via da qui, anzi che

ho buttato fuori dallo studio, lo conosco molto bene. Non è in grado di esercitare, ok? Se non nei limiti dei decreti ingiuntivi per sentenze che io mi sono procurato, le cazzate che si possono fare. Quando si tratta di fare il mestiere vero…………avrebbe dovuto dimostrare le palle che non ha, avrebbe dovuto fare un atto particolare, che non è stato in grado di fare”….con uno che gli ho dovuto fare un atto particolare, che non è stato in grado di fare”……con uno che gli ho dovuto insegnare l’ a b c della professione” rivolgendosi a tale [Omissis] “…….lui era dipendente della [Omissis] e [Omissis] lo ha fatto licenziare”, venendo meno così al dovere di mantenere nei confronti di un collega un comportamento ispirato a correttezza e lealtà.

In [Omissis] in data 16.4.2012″.

2. “per essersi reso colpevole, l’avv. [Omissis], della violazione dell’art. 37 comma 1, 3, 5, del Nuovo Codice Deontologico (art. 19 comma 1 e nn. II e VI del previgente codice deontologico), in quanto nelle circostanze di cui al capo 19 induceva lo stesso [Omissis] a farsi restituire l’incartamento delle vertenze patrocinate dall’avv. [Omissis], offrendo la sua, ed offrendo allo stesso [Omissis] un rapporto di lavoro con un suo conoscente, tentando così di acquisire rapporti di clientela in modo non conforme a correttezza e decoro.

In [Omissis] in data 16.04.2012″.

All’esito dei procedimenti, nei quali sono stati acquisiti documenti, escussi testimoni, il CDD di [Omissis], con decisioni in data 18/05/2017 e 9/06/2017, ritenendo accertati fatti contestati al professionista, irrogava all’Avv. [Omissis] rispettivamente la sanzione disciplinare della censura e della sospensione dall’esercizio della professione per mesi 3. Avverso dette decisioni, notificate via P.E.C. il giorno 26/06/2017 ed il 12/09/2017, l’Avv. [Omissis] ha proposto ricorso, depositati il 24/07/2017 ed il 10/10/2017, presso la segreteria del CDD di [Omissis] con il quale chiede che il Consiglio Nazionale Forense, voglia, con riferimento alla decisione n. [Omissis], previo annullamento e riforma del provvedimento adottato in suo danno, disporre il proscioglimento dall’imputazione a lui contestata, ovvero in subordine l’applicazione di una sanzione meno afflittiva; con riferimento alla decisione n. [Omissis], voglia in via principale dichiarare la nullità della decisione, in subordine disporre il proscioglimento da ogni incolpazione ed in ulteriore subordine applicare una sanzione meno afflittiva, oltreché la rinnovazione dell’istruttoria davanti al CNF.

Nei due atti di impugnazione l’avvocato [Omissis] propone vari motivi; nella vicenda conclusasi con la sanzione della censura lamenta:

1) mancata sospensione del procedimento in ragione della pregiudizialità penale a seguito di presentazioni di denuncia-querela sporta dall’incolpato nei confronti del cliente [Omissis] che ebbe a raccogliere lo “sfogo” nei confronti dell’avvocato [Omissis];

2) l’inutilizzabilità della audizione del 20/10/2016 dello [Omissis] al Consigliere Istruttore, nonché la nullità dell’atto di citazione a giudizio e di quelli conseguenti in quanto detta audizione sarebbe avvenuta successivamente all’approvazione del capo di incolpazione, quando i poteri del giudice istruttore si erano già consumati;

3) non aver rinviato l’udienza dove doveva comparire l’avvocato [Omissis] non ritenendo l’impedimento addotto tale da accogliere l’istanza;

4) Nel merito la motivazione viene censurata perché insufficiente e carente, fornendo una diversa ricostruzione dei fatti diversa da quella enunciata;

5) sproporzionalità e inadeguatezza della sanzione rispetto ai fatti contestati ed all’assenza di precedenti disciplinari a carico dell’incolpato.

Nella vicenda conclusasi con la sanzione della sospensione di tre mesi, la impugnazione verte su:

1) violazione del procedimento probatorio in quanto il ricorrente ritiene che il CDD abbia violato le norme in tema di procedimento probatorio decidendo su richieste istruttorie successivamente all’apertura ed allo sviluppo dell’istruttoria dibattimentale;

2) non ammissione della prova contraria a quella dedotta;

3) anche in questo procedimento si lamenta poi l’aver ritenuto non legittimo l’impedimento dedotto dall’incolpato nella sua istanza di rinvio (stesso motivo proposto anche avverso l’altra sanzione atteso che entrambi i procedimenti vennero chiamati alla stessa udienza);

4) ancora, nell’atto di impugnazione si lamenta la inutilizzabilità del CD rom contenente le dichiarazioni oggetto della contestazione;

5) il non aver ammesso, ritenendola inconferente, la documentazione allegata alla memoria [Omissis];

6) nel merito il provvedimento viene impugnato ritenendo la insussistenza delle violazioni, censurando la motivazione insufficiente e carente e fornendo una diversa ricostruzione dei fatti da quella enunciata;

7) sproporzionalità e inadeguatezza della sanzione in quanto non prevista dalla cornice edittale delle norme deontologiche richiamate, nonché eccessiva rispetto ai fatti contestati ed all’assenza di precedenti disciplinari a carico.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Taluni dei motivi di ricorso sono stati presentati in entrambe le impugnazioni, per cui si ritiene di poterli esaminare congiuntamente, successivamente, però, all’esame di quelli inerenti soltanto una delle decisioni.

In relazione all’impugnazione avverso la decisione n. [Omissis]:

1) il primo motivo è inammissibile e, comunque, infondato in quanto il procedimento disciplinare può essere sospeso solo sé ritenuto “indispensabile”. Tale orientamento, consolidato nella giurisprudenza domestica, ha il suo fondamento nel presupposto per cui i due procedimenti, disciplinare e penale, sono autonomi e perseguono fini diversi (in tal senso, tra le tante, si veda sent. C.N.F. n. 135 del 31 ottobre 2019).

2) il secondo motivo è inammissibile e, comunque, infondato richiamando in questa sede la valutazione operata dal CDD in relazione alla tardività della eccezione sollevata.

Con riferimento, invece, al profilo della nullità dell’atto, lamentato in sede di ricorso, erroneamente l’incolpato qualifica come assoluta la eventuale nullità, poiché essa sarebbe casomai da considerarsi relativa, con uno specifico termine per la sua eccepibilità che nel caso di specie era stato superato.

In relazione all’impugnazione avverso la decisione n. [Omissis]:

1) il primo motivo è inammissibile e, comunque, infondato in quanto non vi è stata violazione delle norme procedurali di cui al Regolamento C.N.F. 2/2014 che, tra l’altro, richiama le norme del codice di procedura penale. Nello specifico, il CDD si era riservato in udienza di decidere in merito alle richieste ed alle eccezioni avanzate dall’incolpato all’udienza dibattimentale del 24/03/2017, sciogliendo la riserva alla successiva udienza del 7/04/2017 emettendo apposita ordinanza.

2) il secondo motivo è inammissibile e, comunque, infondato oltreché per le motivazioni espresse dal CDD anche in quanto tali richieste di prova contraria sono da considerarsi manifestamente superflue ed irrilevanti. La prova contraria incontra tale limite alla sua ammissione, come da consolidata giurisprudenza di legittimità (si veda a titolo esemplificativo Cass. pen., Sez. II, 30/06/2016, n. 31883). Quanto affermato dal teste [Omissis] viene confermato dalla registrazione prodotta e la prova contraria richiesta non è volta ad una contestazione del contenuto della conversazione, bensì al solo giudizio di attendibilità e credibilità delle dichiarazioni del teste che, come detto, trovano ampia conferma nella registrazione. Per tali motivi, quindi, la richiesta di controprova deve considerarsi superflua ed irrilevante, atteso che tali testimoni nessun contributo avrebbero potuto portare al procedimento.

3) il quarto motivo è inammissibile e, comunque, infondato in quanto l’utilizzabilità di registrazioni fonografiche è esclusa solo ove la parte contro la quale sono prodotte non contesti i fatti in modo chiaro, circostanziato ed esplicito e producendo documenti, prove, da cui emerga la non corrispondenza tra la realtà fattuale e quella riprodotta (in tal senso si veda a titolo esemplificativo sent. C.N.F. n. 119 del 9 settembre 2017). Nel caso di specie l’incolpato si è limitato ad una mera richiesta di inutilizzabilità, senza addurre motivazioni come richieste da costante orientamento giurisprudenziale domestico.

Con riguardo, invece, alla censura relativa al fatto per cui la registrazione sia avvenuta all’interno di uno studio legale questo C.N.F. ritiene di richiamare interamente la motivazione addotta dal CDD.

4) il quinto motivo è inammissibile e, comunque, infondato poiché si vuole censurare il potere del CDD di operare una valutazione in relazione alle prove presentate. Secondo l’orientamento giurisprudenziale domestico il giudice della deontologia ha un ampio potere discrezionale nel valutare la rilevanza e la conferenza delle prove dedotte (in tal senso sent. C.N.F. n. 147 del 24 settembre 2015).

I rimanenti motivi di impugnazione possono essere trattati congiuntamente:

1) il terzo motivo di impugnazione di entrambe le decisioni è inammissibile e, comunque, infondato in quanto il costante orientamento giurisprudenziale domestico e di legittimità ritengono l’impedimento legittimo e giustificato solamente nel caso in cui sia comprovata l’assoluta impossibilità a comparire per caso fortuito, forza maggiore od altro impedimento di tipo assoluto e, quindi, non rinviabile in alcun modo (in tal senso, tra le tante, sent. C.N.F. n. 105 del 12 settembre 2018).

Lo stato di salute in cui versava l’incolpato non emergeva dal certificato presentato come un impedimento di tipo assoluto.

2) il quarto ed il sesto motivo di impugnazione delle decisioni rispettivamente n. [Omissis] e n. [Omissis], è inammissibile e, comunque, infondato, atteso che entrambe si ritengono adeguatamente motivate e che, comunque, vi è la possibilità per il C.N.F. di operare integrazioni alle decisioni dei CDD (in tal senso sent. C.N.F. n. 52 del 25 maggio 2018). Nel caso di specie, come detto, le motivazioni del CDD sono da ritenersi sufficienti e non carenti e, comunque, integrate dalle valutazioni operate da questo Consiglio.

3) infine, il quinto ed il settimo motivo di impugnazione delle decisioni rispettivamente n. [Omissis] e n. [Omissis] e da ritenersi ammissibile e fondato con riguardo a quanto di seguito precisato. Il Collegio, all’esito dell’esame dei vari motivi di impugnazione proposti, alla luce di quanto sopra esposto, ritiene comunque di intraprendere un altro percorso valutativo dell’intera vicenda, che è stata unitariamente oggetto dei due procedimenti poi riuniti.

Infatti, quanto accaduto va sicuramente inserito nella conclusione, certamente non pacifica, dei rapporti professionali tra l’avvocato [Omissis] e l’avvocato [Omissis].

Senza entrare nel dettaglio dei motivi che hanno portato a questa conclusione-rottura, peraltro inconferente ai fini del decidere perché ciò che interessa sono i comportamenti successivi, occorre valutare come si sono determinati conseguentemente i due professionisti. Nei confronti dell’incolpato [Omissis] vi è il corretto appunto, meglio contestazione, riguardo a quanto riferito dai clienti su suoi “apprezzamenti” nei confronti del collega [Omissis]. Certamente biasimevoli e da censurare unitamente alla allusione alle somme di sua competenza ma, così come fatto intendere, non percepite dallo studio.

Per contro significativa appare la modalità con la quale il teste [BBB], colui appunto che riferì all’avvocato [Omissis] lo “sfogo” dell’avvocato [Omissis].

L’essersi munito di un registratore utilizzato nel corso del colloquio con quest’ultimo, a suo dire per tutelarsi (non è dato capire da cosa), getta una luce a dir poco particolare sulla intera vicenda.

C’è da aggiungere che al di là di questo elemento di prova non ve ne sono altri di rilievo nella narrazione degli esposti: dichiarazione dei testi e acquisizioni del CD, tanto da lasciare intendere la episodicità di quanto accaduto, si ripete, in un rapporto divenuto fortemente conflittuale tra due professionisti ex colleghi di studio.

Ed allora il Collegio, valutate le violazioni commesse dall’avv. [Omissis] nell’ambito del particolare contesto in cui si sono inserite, ritiene di mitigare le sanzioni irrogate rideterminando le due sanzioni, a seguito della riunione dei procedimenti, in una sanzione unica ritenuta congrua nella censura,

P.Q.M.

visti gli artt. 36 e 37 L. 247/2012 e gli artt. 59 e segg. Del R.D. 22.1.1934 n. 37;

Il Consiglio Nazionale Forense, in parziale accoglimento delle impugnazioni proposte dall’avv. [Omissis], ridetermina le sanzioni a lui comminate nell’unica sanzione della censura.

Dispone che in caso di riproduzione della presente sentenza, in qualsiasi forma per qualsiasi forma per finalità di informazione su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati in sentenza.

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