La causa di non punibilità introdotta dall’art. 11 del D. LGS. 158/2015 – la quale prevede l’estinzione dei reati tributari in materia di imposte sui redditi e iva nel caso in cui, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, i debiti tributari, comprensivi di interessi, sanzioni e spese, vengano integralmente pagati – si applica anche ai procedimenti in corso al momento dell’entrata in vigore della nuova disposizione. Diversamente opinando, si verificherebbe infatti una disparità di trattamento in relazione a situazioni uguali, che potrebbe dare adito a dubbi di legittimità costituzionale.
Così ha statuito di recente la Suprema Corte con la sentenza n. 11417 del 09/03/2017.
Il caso
L’imputato avanzava richiesta di conversione della pena da detentiva a pecuniaria di un reato tributario ai sensi dell’art. 53 L. 689/1981. Risultato soccombente anche in appello, il contribuente proponeva allora ricorso per cassazione e, in tale sede, la Suprema Corte annullava la sentenza di secondo grado con rinvio. In sede di rinvio la Corte di Appello di Milano, annullava solo parzialmente la decisione di primo grado, riducendo la pena afflitta e rigettava nuovamente la richiesta dell’imputato di sostituzione della pena da detentiva a pecuniaria ai sensi della L. 689/1981. L’imputato allora proponeva ricorso per cassazione contro la decisione emessa in sede di rinvio invocando altresì lo ius superveniens dovuto all’introduzione della causa di non punibilità di cui all’art. 13 del D.LGS. 74/2000 introdotta dall’art. 11 del D.LGS. 158/2015.
La decisione della Corte
Con la sentenza in commento la Corte accoglie il ricorso dell’imputato ritenendo fondato ed assorbente il motivo con il quale viene invocato lo ius superveniens relativo all’introduzione della causa di non punibilità di cui all’art. 13 del D.LGS. 74/2000 – reati in materia di imposte sui redditi e iva – introdotta dall’art. 11 del D.LGS. 158/2015. Tale norma prevede infatti che
«i reati di cui agli art. 10 bis [omesso versamento di ritenute] e 10 ter [omesso versamento IVA], e art. 10 quater, comma 1, [indebita compensazione per crediti non spettanti] non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie, nonchè del ravvedimento operoso».
Richiamandosi ai propri precedenti la Suprema Corte ha ribadito il principio secondo il quale nell’ambito dei reati tributari relativi alle imposte sui redditi e all’IVA, la causa di non punibilità sopra citata è applicabile anche ai procedimenti in corso alla data di entrata di vigore della legge introduttiva, per i quali vi è già stata la dichiarazione di apertura del dibattimento, la quale deve ritenersi avente efficacia estintiva e non soltanto attenuante.
In merito la Corte chiarisce inoltre che
«Pur indicando nella dichiarazione di apertura del dibattimento il limite di rilevanza della causa estintiva, si rileva che la diversa natura giuridica e la più ampia efficacia attribuite alla fattispecie implica, nei procedimenti in corso al momento dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 158 del 2015, la necessità di una parificazione degli effetti della causa di non punibilità anche nei casi in cui sia stata superata la preclusione “procedimentale”. Ciò in quanto la diversa natura assegnata al pagamento del debito tributario, quale “fatto” che non riguarda più soltanto il quantum della punibilità, ma l’an della punibilità, comporta che nei procedimenti in corso, anche se sia stato oltrepassato il limite temporale di rilevanza previsto dalla norma, l’imputato debba essere considerato nelle medesime condizioni fondanti l’efficacia della causa estintiva; ciò è imposto dal principio di uguaglianza, che vieta trattamenti differenti per situazioni uguali, dovendosi ritenere che il pagamento del debito tributario assuma la medesima efficacia estintiva, sia che avvenga prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, sia, nei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 158 del 2015, che avvenga dopo tale limite, purchè prima del giudicato; viceversa, si registrerebbe una disparità di trattamento in relazione a situazioni uguali in ordine alla quale sarebbe prospettabile una questione di illegittimità costituzionale.»
Considerato che nella specie l’imputato ha provveduto a pagare integralmente gli importi dovuti e ciò, peraltro, è avvenuto prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, vi sono i presupposti per riconoscere al medesimo la causa di non punibilità in questione.
A ciò viene aggiunto – si legge nella sentenza – che al riconoscimento della suddetta causa di non punibilità non è d’ostacolo il fatto che su alcune questioni si sia formato il giudicato in seguito alla precedente decisione della stessa Corte che aveva annullato solo parzialmente la sentenza di secondo grado.
Sul punto, infatti la Corte, richiamandosi a quanto in precedenza statuito dalle Sezioni Unite ha chiarito che l’intangibilità del giudicato, muove dalle esigenze di certezza e stabilità giuridica e non implica «l’immodificabilità in assoluto del trattamento sanzionatorio stabilito con la sentenza irrevocabile di condanna nei casi in cui la pena debba subire modificazioni necessarie imposte dal sistema a tutela dei diritti primari della persona».
Inoltre in ossequio ai principi della successione delle leggi nel tempo e del favor rei, non si può tener conto nella specie dalla nuova legge sopravvenuta comportante un trattamento più favorevole per l’imputato, laddove risulti accertato che sussistono tutti i requisiti richiesti dalla nuova disciplina.
«In tal modo, si badi,» – precisa la Suprema Corte – «non si va ad incidere sul giudicato interno formatosi a seguito del precedente annullamento parziale; semmai esso costituisce il presupposto che consente di ritenere la sussistenza degli estremi applicativi della sopravvenuta norma più favorevole, essendo stato definitivamente accertato in giudizio che il prevenuto ha integralmente e tempestivamente pagato, in relazione al reato oggetto di contestazione, l’intero importo del relativo debito tributario, il che attualmente esclude la punibilità del fatto».
Conclusioni
Sulla base delle sopra esposte considerazioni la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impungata senza necessità di alcun rinvio, trattandosi di fatto non punibile ai sensi dell’art. 13, comma 1, D.L.GS. 74/2000.
Documenti & Materiali
Scarica Cass.Pen., Sez. IV, n. 11417 del 09/03/2017
Scarica il testo del D.LGS. 74/2000
Avviso “REPLAY”
Questo articolo è stato pubblicato in data 28/03/2017 ed è stato uno dei più letti del nostro blog. Non costituisce un aggiornamento e viene nuovamente pubblicato nella sua stesura originaria per la serie “REPLAY”- 2017.