La Suprema Corte, con una recente ordinanza (Cass. Civ., Sez. V, Ordinanza 20/12/2018, n. 33009, oggi in esame), affronta il tema del regime dell’imposta di registro nel caso di ingiunzioni di pagamento rilasciate in favore di garanti che agiscano in regresso verso debitori principali la cui obbligazione originaria escussa fosse sottoposta ad IVA, rimettendone la soluzione alle Sezioni Unite.
La questione si pone in quanto l’imposta di registro che il provvedimento monitorio sconta per ciò che attiene alla condanna del debitore diretto di un’obbligazione “ivata” si applica in misura pacificamente fissa ex art. 40, 1° co., DPR 26/04/1986,n.131 e della nota II all’art. 8, 1° co., lett. b della parte prima della tariffa a tale DPR allegata.
L’art. 40, 1° co., DPR 131/1986 appena citato, infatti, nell’intento di evitare doppie imposizioni espressamente esenta dal pagamento dell’imposta proporzionale di registro «gli atti relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi soggetti all’imposta sul valore aggiunto», i quali vengono tassati in misura fissa (con regime, come noto, di gran lunga meno gravoso).
Per quanto concerne specificatamente gli atti giudiziari che portano condanna al pagamento di somme, poi, la citata nota II all’art. 8, 1° co., lett. b, della tariffa (parte prima), stabilisce che tali atti
«non sono soggetti all’imposta proporzionale per la parte in cui dispongono il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti all’imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’art. 40 del testo unico».
Ora, vero ciò per l’obbligazione principale, quid allorquando sia il garante del debitore originario ad agire in regresso avendo dovuto adempiere l’obbligazione del primo soggetta ad IVA?
In merito può sinteticamente osservarsi che si fronteggiano due posizioni contrapposte: una che valorizza l’autonomia dell’obbligazione fideiussoria rispetto all’obbligazione principale, conseguendone l’assoggettabilità della condanna in regresso al regime dell’imposizione proporzionale; l’altra che, viceversa, privilegia l’aspetto dell’unitarietà della natura delle due obbligazioni in questione, concludendo per la soggezione di entrambe all’imposta di registro in misura fissa.
Il primo orientamento è fatto proprio, ad es., da Cass. Civ., Sez. V, 09/10/2015, n. 20266, che ha formulato il seguente principio di diritto
«il decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti del debitore dal garante escusso da creditore garantito è soggetto a registrazione con aliquota proporzionale al valore della condanna, in quanto il garante, a seguito del pagamento, non fa valere corrispettivi o prestazioni soggetti all’imposta sul valore aggiunto».
Il secondo, dalla recente Cass. Civ., Sez.V., 20/07/2018, n. 19365 (ed altre), a mente della quale
«il decreto ingiuntivo ottenuto dal fideiussore nei confronti del debitore inadempiente per il recupero di somme assoggettate ad IVA è soggetto, ai sensi dell’art. 8 della tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, all’applicazione dell’imposta in misura fissa, atteso che la surrogazione del fideiussore al creditore principale comporta una peculiare forma di successione nel credito e la novazione dal lato soggettivo ma non incide sull’identità oggettiva dell’obbligazione, che conserva la sua natura ai fini tributari».
Da ciò l’odierna rimessione alle Sezioni Unite, cui spetterà dirimere il sopra menzionato contrasto.
Documenti & materiali
Scarica Cass. Civ., Sez. V, Ordinanza 20/12/2018, n. 33009