PCT: copie, autentiche e notifiche – 4: la notifica La quarta parte dell'articolo

By | 28/05/2015

Proseguiamo la panoramica dedicata a copie, autentiche e notifiche, iniziata il 27/04/2015 e proseguita, poi, con gli articoli del 07/05/2015 e del 13/05/2015.

Riassunto delle puntate precedenti

Nelle parti precedenti dell’articolo si è visto come la giuritelematica abbia complicato lo scenario di copie e autentiche, distinguendosi, oggi, vari generi di copia, a seconda della natura – informatica o cartacea – degli atti originali e delle relative copie e distinguendosi, altresì, varie possibilità di autentica delle copie stesse a seconda dei contesti.

La conclusione di massima cui si è pervenuti dopo tale analisi è che, allo stato attuale della normativa, l’avvocato (e il consulente tecnico, il professionista delegato, il curatore e il commissario giudiziale, ex art. 16-bis, comma 9-bis, D.L. 179/2012): () può estrarre copia informatica o cartacea degli atti contenuti nel fascicolo informatico e utilizzarle, previa autentica, a qualsivoglia fine; (–) può estrarre copia informatica di atti cartacei ai soli fini della notificazione (facoltà che, al contrario di quella che precede, sembra spettare al solo avvocato e non anche agli altri soggetti indicati dall’art. 16-bis, comma 9-bis, D.L. 179/2012, posto che il secondo comma dell’art. 3-bis  L. 53/1994 non ne fa menzione); (–) non può, invece, estrarre copia autentica né di originali “nativamente” cartacei, né di atti di qualsiasi tipo con cui si autorizzi il prelievo di somme vincolate all’ordine del giudice.

Da ultimo, per completezza si segnala che qualche ulteriore perplessità è sorta in ordine alla possibilità di estrarre copia autentica dei c.d. atti “ibridi”, ovverosia composti di una parte cartacea “nativa” e di un parte telematica (ad esempio ricorso telematico del difensore con provvedimento cartaceo del giudice) o di atti “divenuti” cartacei, ma “nativamente informatici” (come nel caso di una copia autentica di un atto informatico, estratta con l’intervento della cancelleria).

Sembrerebbe tuttavia trattarsi di scrupoli eccessivi dovendo, almeno parere di chi scrive, darsi la preferenza ad interpretazioni che assecondino la ratio agevolativa della celerità e snellezza del processo propria della giuritelematizzazione e, dunque, ritenere possibile, in tali casi procedere comunque all’estrazione di copia autentica, secondo le regole che si sono già viste e si approfondiranno in seguito.

Vecchie e nuove notifiche

Detto ciò, possono ora analizzarsi le varie tipologie di notificazione.

In origine la notifica era – di massima – una sola, quella eseguita dall’U.G. (con qualche rara eccezione, non significativa). Nell’anno 1994, la L. 21/01/1994, n. 53 vi ha affiancato la possibilità di notifica a cura dell’avvocato. Essenzialmente due tipologie di notifica, insomma, che si svolgevano in un regime completamente cartaceo e, dunque, creavano scarsi inconvenienti di carattere pratico, pur richiedendo – a monte – una serie di adempimenti formali (quali la necessità di ottenere la preventiva autorizzazione del COA di appartenenza, quella di tenere un apposito registro cronologico, etc.).

Tali forme di notificazione, ovviamente, esistono anche oggi, ma sono destinate a divenire progressivamente meno rilevanti e ad essere soppiantate da quelle introdotte dalle “riforma PCT”, che consentono la notifica di atti per via telematica.

Definizione di notifica telematica

Posto quanto sopra, dunque, la prima cosa da fare è definire la nozione di notifica telematica, compito che si è assunto il combinato disposto degli arrt. 1 e 3-bis della L. 53/1994, (nel testo risultante dalla modifica da ultimo apportata dall’art.46 D.L. 90/2014, integrato, altresì, da altre previsioni di varia natura, quali l’art. 18 D.M. 44/2011, l’art. 16-bis, comma 9-bis D.L. 179/2012 ed altre), dal quale si desume che essa è una notifica che:

Data per scontata la nozione di PEC e le regole del suo funzionamento (si vedano, in proposito, il regolamento di cui al DPR 11/02/2005, n. 68, recante «disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata», adottato in base all’art. 27 della L. 16/01/2003, n. 3), la definizione in questione, dunque, pone essenzialmente due distinti problemi, consistenti, da un lato, nello stabilire, che cosa sia un “pubblico elenco” da cui sono legittimamente estraibili gli indirizzi PEC utilizzati nel corso della notifica in questione e, dall’altro, quale sia la «normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici», la cui osservanza è richiesta dalla norma in esame.

I pubblici elenchi: quali sono

Quanto al primo problema, la norma che stabilisce quali siano i pubblici elenchi da cui è possibile estrarre gli indirizzi PEC ai fini delle notificazioni è quella di cui all’art. 16-ter, 1° co., D.L.179/2012 (che si riporta nel testo attualmente vigente, risultante dalla modifica – relativamente alla quale ci intratterremo appresso – da ultimo operata dall’art. 45-bis, comma 2, lett. a, D.L. 90/2014, conv. in L. 114/2014), secondo la quale:

«a decorrere dal 15 dicembre 2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa e stragiudiziale si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli articoli 4 e 16, comma 12, del presente decreto; dall’articolo 16, comma 6, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, dall’articolo 6-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, nonché il registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal ministero della giustizia».

Sono, dunque, pubblici elenchi:

  1. l’elenco ANPR (Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente) per ciò che attiene al domicilio digitale del cittadino (art. 62 CAD e art. 4. D.L. 179/2012), tuttora in corso di realizzazione;
  2. il registro PP.AA. tenuto dal Ministero della Giustizia, che contiene gli indirizzi di posta elettronica certificata delle pubbliche amministrazioni, «consultabile esclusivamente dagli uffici giudiziari, dagli uffici notificazioni. esecuzioni e protesti, e dagli avvocati» (art. 16, 12° co., D.L.178/2012 cit.) tramite accesso autenticato dal portale pst;
  3. il registro delle imprese (ex art. 16, 6° co., D.L. 185/2008, conv. in L. 2/2009, per ciò che attiene le imprese costituite in forma societaria ed ex art. 5, 1° e 2° co., D.L. 179/2012 per le ditte individuali);
  4. l’indice INI-PEC, per quanto attiene alle imprese e ai professionisti, liberamente accessibile tramite il relativo sito, gestito da Infocamere sotto l’egida del Ministero dello Sviluppo economico, che raccoglie i dati provenienti dal Registro delle Imprese e da tutti gli ordini professionali, ai sensi dell’art. 6-bis CAD;
  5. il REGIndE, ovverosia il registro generale degli indirizzi di posta elettronica tenuto dal Ministero della Giustizia, costituito ex art. 7 D.M. 21/02/2011, n. 44 (recante «regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione», in attuazione di quanto disposto dall’art. 4, 1° co., D.L. 193/2009, conv. in L. 24/2010) e gestito a mente degli artt. 7 e 8 del Provv. Resp. DGSIA del 16/04/2014, anch’esso consultabile, previa autenticazione, dal portale dei servizi telematici del Ministero della Giustizia.

Come è agevole rilevare si tratta di diversi elenchi, tenuti da entità amministrative diverse e alimentati con modalità differenti, anche se spesso i dati che vi confluiscono provengono dai medesimi soggetti istituzionalmente incaricati a trasmetterli e, in diversi casi (specie per ciò che riguarda i professionisti) pertinenti alla medesima persona.

Così, ad esempio, l’indirizzo PEC di una società sarà presente sia nel Registro delle Imprese, sia nel registro INI–PEC. Quello di un avvocato sarà inserito sia presso il proprio ordine professionale, sia nel REGIndE, sia nell’INI–PEC, così come accadrà per quello posseduto da altro genere di professionista iscritto in albi, che svolga anche le mansioni di CTU in giudizio civile, etc.

Il che (oltre ad essere assolutamente deprecabile, posto che il Leviatano amministrativo è un corpo unico e non si comprende, dunque, per quale ragione parcellizzare la conservazione degli stessi dati) determina problematiche e dubbi operativi.

I rapporti INI-PEC e REGIndE

La prima delle accennate problematiche concerne il rapporto tra il registro INI-PEC e il REGIndE.

Tali registri, infatti, sono – fondamentalmente – un duplicato, quantomeno parziale, l’uno dell’altro.

INI-PEC raccoglie dati prelevati dal Registro delle Imprese e dagli ordini professionali ai sensi del combinato disposto dell’art. 6-bis del CAD e dell’ art. 16, 6° co., D.L. 185/2008, conv. in L. 2/2009, per ciò che attiene al Registro delle Imprese, nonché del 7° co. del medesimo articolo, per ciò che attiene, invece, alle istituzioni ordinamentali.

Il REGIndE, dal canto suo, è un ulteriore elenco, che contiene gli indirizzi PEC dei “soggetti abilitati esterni”, ovverosia – grossolanamente – di quei soggetti, enti e professionisti, che sono autorizzati ad utilizzare il “sistema” del PCT (qui, una scheda esplicativa). Esso è alimentato da autonomi flussi informativi (qui, la scheda riassuntiva di quei flussi), che, per ciò che attiene ai professionisti, provengono sempre dagli ordini professionali.

Si tratta, di due strutture indipendenti, gestite da due ministeri diversi (Sviluppo Economico l’INI-PEC e Ministero della Giustizia il REGIndE) e alimentati da dati che, ancorché provenienti, a volte, dalle medesime fonti e concernenti, quantomeno per ciò che riguarda i professionisti iscritti in albi, gli stessi soggetti, vi affluiscono autonomamente.

Il che, ovviamente, crea la possibilità teorica (ma, a quanto consta, anche pratica) di errori nella trasmissione/comunicazione/inserimento dei dati in ciascuno di tali registri.

Ora, va tenuto presente che le notifiche processuali, ex art. 3-bis, L. 53/1994, devono necessariamente promanare da ed essere indirizzate a un indirizzo estratto da un «pubblico elenco» e che, probabilmente, l’inosservanza di tale prescrizione rischia di determinare, quantomeno secondo chi scrive, una vera e propria inesistenza della notifica, posto che concerne un requisito strutturale della medesima (o, quantomeno, la nullità di essa, ex art. 11 della medesima L.53/1994)

Diviene dunque importante stabilire che succede nell’ipotesi in cui le risultanze di INI-PEC e REGIndE relative all’indirizzo PEC, ad esempio, di un certo avvocato (mittente della notifica o destinatario di essa poco importa) o di un altro professionista cui sia indirizzata la notifica, poniamo, di una citazione per fatti concernenti la sua attività professionale, divergano tra loro.

La prima risposta potrebbe essere la seguente: ai sensi dell’art. 16-ter, 1° co., D.L. 179/2012 sopra esaminato, INI-PEC e REGIndE sono entrambi «pubblici elenchi», di talché la notifica all’indirizzo contenuto nell’uno od all’altro è indifferente.

Va tuttavia osservato che REGIndE è il registro “dedicato” al PCT e, dunque, istituzionalmente deputato a garantire la correttezza dei dati relativi ai soggetti che operano all’interno del sistema del processo civile informatizzato. Dunque, potrebbe ben ipotizzarsi una sorta di rapporto di “specialità” tra registri (o meglio, tra norme che li hanno istituiti e li regolano), tale che le risultanze del REGIndE, in quanto specifiche, debbano considerarsi prevalenti su quelle promananti da diverse fonti.

Se ciò fosse vero, allora, se ne potrebbe derivare la nullità (e forse l’inesistenza) della notificazione erroneamente inviata all’indirizzo estratto da INI–PEC, se diverso da quello indicato nel REGIndE, errore peraltro imputabile al notificante che, in quanto soggetto abilitato, ha la possibilità di verificare l’esattezza dell’indirizzo sul REGIndE medesimo.

Nel dubbio, pertanto, in caso di notifica a professionisti, la prudenza induce a ritenere consigliabile una verifica preventiva degli indirizzi coinvolti nella notifica stessa sul registro REGIndE in questione (accessibile, lo si ripete, tramite il portale dei servizi telematici del Ministero della Giustizia).

Il problema delle pubbliche amministrazioni

Un secondo problema di non poco conto riguarda le pubbliche amministrazioni e i loro indirizzi PEC. Per affrontarlo, occorre svolgere una breve premessa su una modifica normativa, cui si è già accennato trattando della definizione di “pubblico elenco”, intervenuta sul testo dell’ art. 16-ter, 1° co., D.L. 179/2012 ad opera dell’art. 45-bis, 2° co., lett. a, D.L. 90/2014, che ha di fatto eliminato il registro degli indirizzi di posta elettronica delle pubbliche amministrazioni (IPA) dal novero dei «pubblici elenchi», dove era originariamente compreso.

Il registro IPA come “pubblico elenco”

Il registro IPA fu introdotto dall’art. 57-bis del D.Lgs 82/2005 (CAD), nell’intento di individuare tutti gli indirizzi di posta elettronica (e indi PEC) «da utilizzare per le comunicazioni e per lo scambio di informazioni e per l’invio di documenti a tutti gli effetti di legge tra le pubbliche amministrazioni, i gestori di pubblici servizi ed i privati».

Tale registro, nato nell’intento di «assicurare la trasparenza delle attività istituzionali» (questa la formulazione originaria della norma) ed indi pervenuto ai ben più miti consigli di «assicurare la pubblicità dei riferimenti telematici delle pubbliche amministrazioni e dei gestori dei pubblici servizi» (questo il tenore della stessa, risultante dalla modifica operata ex art. 6, comma 1, lettera d-bis, D.L. 179/2012 cit.), contiene tutti i dati delle pubbliche amministrazioni, ivi compresi i rispettivi indirizzi PEC, è gestito da DigitPA ed è liberamente consultabile al sito internet indicepa.gov.it.

Esso, a mente dell’art. 16-ter, 1° co., D.L. 179/2012, nel testo anteriore alla modifica apportatavi dall’art. 45-bis, 2° co., lett. a, D.L. 90/2014, cui si accennava sopra), era qualificato in termini di “pubblico elenco”.

Dal medesimo , dunque, potevano estrarsi gli indirizzi PEC utilizzabili – con efficacia legale – nella corrispondenza con la P.A., oltre che, per quanto qui direttamente interessa, nell’esecuzione della notifica di atti giudiziari alla medesima.

Ciò avveniva in virtù del richiamo, operato dall’originario testo dell’art. 16-ter D.L.179/2012 cit., all’intero corpo dell’art. 16 D.L. 185/2008si intendono per pubblici elenchi» si leggeva nella disposizione in esame «quelli previsti (…) dall’articolo 16 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2 (…)»), comprendendo, in tal modo, nella nozione, oltre al Registro delle Imprese (previsto dal 6° co. dell’art. 16 D.L. 185/2008 qui in esame) e agli elenchi tenuti dagli ordini professionali (di cui si occupava, il 7° co. della medesima disposizione), anche gli indirizzi delle Pubbliche Amministrazioni, da pubblicarsi, appunto, sull’apposito sito internet pubblico ad essi dedicato (ex comma 8° della richiamata norma).

Anzi no: il registro IPA non è più un “pubblico elenco”

Senonché, intervenuta la modifica di cui all’art. 45-bis, 2° co., lett. a, D.L. 90/2014 sopra ricordata, la disposizione di cui all’art. 16-ter D.L.179/2012 cit.è stata modificata in modo tale da richiamare non più l’intero corpo dell’art. 16 D.L. 185/2008, come in precedenza, ma il solo sesto comma dello stessosi intendono per pubblici elenchi» si legge oggi nella norma «quelli previsti (…) dall’articolo 16, comma 6, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2»).

In altre parole, dunque, vengono esclusi dal novero dei «pubblici elenchi», in quanto non più richiamati dalla disposizione in commento, sia gli elenchi tenuti dagli ordini professionali ex 7° co. dell’art. 16 D.L. 185/2008 (relativamente ai quali, tuttavia, sopperiscono le risultanze del REGIndE), sia, per quanto qui direttamente rileva, il registro IPA previsto dall’8° comma della medesima disposizione.

Quid, dunque, per notificare atti alla P.A. (e/o, si aggiunge, per comunicare con essa in modo legalmente significativo)?

Il registro PP.AA.

Si dirà – e giustamente – che esiste pur sempre il registro PP.AA. tenuto dal Ministero della Giustizia, il quale contiene gli indirizzi di posta elettronica certificata delle pubbliche amministrazioni e che continua ad essere un “pubblico elenco” a mente dell’art. art. 16-ter, 1° co., D.L. 179/2012.

Vero. Ma a parte che esso è «consultabile esclusivamente dagli uffici giudiziari, dagli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti, e dagli avvocati» ex art. 16, 12° co., D.L.178/2012 cit., tramite accesso autenticato dal portale pst (e, dunque, non è pubblico per ragioni che davvero non è dato comprendere), lo stesso, almeno a quanto consta, risulta altresì ancora incompleto.

Il che ci riporta al punto di partenza. Quid?

La vecchia, rassicurante carta

Il problema, va aggiunto, è aggravato dalle esitazioni che, quantomeno nell’ambito del processo amministrativo, stanno emergendo nelle decisioni dei TAR circa la stessa legittimità della notifica telematica di atti giudiziari alla P.A. (delle quali si è trattato sul blog con un articolo del 09/02/2015) e, allo stato, quantomeno in presenza di ipotesi dubbie, sembra non avere altra soluzione se non quella di ricorrere cautelativamente alla tradizionale forma di notificazione cartacea a mezzo ufficiale giudiziario.

L’utilizzo dell’indirizzo PEC imprenditoriale per notifiche estranee all’attività

Come noto, mentre per imprese costituite in forma societaria l’obbligo di munirsi di indirizzo PEC è stato introdotto dall’art. 16, 6° co., D.L. 185/2008, conv. in L. 2/2009, per quanto concerne le ditte individuali l’incombente è stato introdotto successivamente e, per la precisione, dall’art. 5, 1° co., D.L. 179/2012 cit..

Per effetto di tale previsione, dunque, un numero cospicuo di persone fisiche titolari di ditte individuali, possiedono oggi un indirizzo PEC contenuto in un “pubblico elenco” e, dunque, suscettibile di essere utilizzato per notificazioni a mezzo PEC secondo le previsioni della più volte citata L. 53/1994.

Il che fa sorgere. quantomeno in chi scrive, un dubbio: stante il fatto che una certa persona fisica, in quanto tale considerata, non sembra potersi distinguere da quella stessa persona fisica intesa nella sua qualità di titolare di una determinata ditta individuale, l’indirizzo PEC proprio della ditta – e, dunque, della persona fisica che ne è titolare – potrà o no essere utilizzato per notificare a tale persona atti estranei all’attività di impresa?

In altre parole, dovendo, ad esempio, notificare al Sig. Numerio Negidio, titolare della ditta individuale “Numerio infissi”, come tale detentore della casella PEC “numerioinfissi@postacertificata.it”, una citazione inerente ad una controversia di natura personale, si potrà procedere alla notificazione a mezzo PEC dell’atto in questione all’indirizzo PEC della ditta individuale?

La sostanziale identità tra soggetto–persona fisica e soggetto–ditta individuale porterebbe, d’acchito, a rispondere affermativamente al quesito. Tuttavia, considerando che la tematica degli indirizzi PEC attribuibili alle persone fisiche è oggetto di autonoma considerazione da parte del legislatore giurinformatico (il quale, come si è visto dedica loro un apposito registro l’ANPR – ex art. 62 CAD e art. 4. D.L. 179/2012 cit.) e considerando, altresì, che la ditta individuale è dotata pur sempre di una certa autonomia strutturale, quantomeno in linea concreta , rispetto alla persona fisica che ne è titolare, sembra probabilmente più opportuno optare per la soluzione opposta e, dunque, ricorrere, in ipotesi, alla notificazione cartacea.

La normativa, anche regolamentare, da rispettare

Si veda la quinta parte dell’articolo di prossima pubblicazione.

Nota di richiami

La prima parte dell’articolo è stata pubblicata il 16/04/2015.

La seconda parte dell’articolo è stata pubblicata il 07/05/2015.

La terza parte dell’articolo è stata pubblicata il 13/05/2015.

La quinta parte dell’articolo è stata pubblicata il 05/06/2015

Author: Avv. Luca Lucenti

Avvocato, nato a Pesaro il 20 ottobre 1961. Iscritto all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1991. Abilitato al patrocinio dinanzi alle magistrature superiori dal 2004. Responsabile di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

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