Giusto l’altro giorno un imprenditore mi ha detto, più o meno: “io esporto i miei prodotti. Qui è tutto chiuso, ma in Germania e in Francia no. I miei clienti vogliono le merci ordinate. Se non consegno, perdo ordini e clienti. Come devo fare?”
Dubbio più che legittimo per un imprenditore il cui codice ATECO non è entrato a far parte della lista di quelli beneficiati per DPCM, la risposta al quale, però, almeno sino a pochissimi giorni fa non poteva che consistere nell’allargare le braccia sconsolatamente.
Senonché il tema è di quelli che scottano, visto che secondo i dati diffusi dal Ministero degli Affari Esteri, l’Italia nel 2019 era (il tempo passato è d’obbligo) il nono paese esportatore al mondo, dimodoché la sommatoria dei tanti imprenditori nelle condizioni di cui sopra trasformano inevitabilmente il problema da individuale in collettivo.
La lettera dei tre ministri
Tanto è vero che si è anche tentato di metterci una pezza, come sempre al modo nostrano, cioè facendo tutto tranne che emanare una semplice norma, chiara e diretta, sul punto.
E così ci si sono messi, non uno, ma ben tre ministri – quello dello Sviluppo Economico, quello della Salute e quello dei Trasporti – a scrivere una nota rivolta ad un quarto ministro, quello degli Interni, invitandolo a collaborare per risolvere in qualche modo il tema mediante un’interpretazione ampia dell’art. 2, 7° co., DPCM 10/04/2020, nella parte in cui tale disposizione consente la prosecuzione delle attività «di rilevanza strategica per l’economia nazionale».
Si è detto in sintesi: mentre si attende l’«intervento chiarificatore con il d.P.C.M. che entrerà in vigore il prossimo 4 maggio», cerchiamo almeno di interpretare il concetto di rilevanza strategica in modo da estenderlo «a quelle attività produttive orientate in modo prevalente alle esportazioni, il cui prolungamento della sospensione rischierebbe di far perdere al nostro Paese quote di mercato», ovverosia considerando, ai fini di cui sopra, anche «l’incidenza della sospensione della singola attività sull’economia nazionale».
Iniziativa, quest’ultima dotata di un certo propositivo buon senso, destinato a scontrarsi, però, da un lato con la lentezza del percorso burocratico, dall’altro con il fatto che, a braccio, il «d.P.C.M. che entrerà in vigore il prossimo 4 maggio» richiamato dalla lettera in questione ed emanato giusto oggi, non sembra, salvo errori, contenere alcun intervento chiarificatore sul punto.
Dunque? Si può riaprire per esportare? Forse sì
Dunque, allo stato, altro non sembra poter fare se non confidare nell’apertura mentale del ministero degli Interni, nella persona del ministro in carica e dei prefetti dislocati sul territorio, sperando che condividano l’interpretazione, tutto sommato ragionevole, contenuta nella nota “a tre mani” di cui sopra, considerando legittima la ripresa delle attività « orientate in modo prevalente alle esportazioni» (tali dovendosi ritenere – diremmo – quelle con un volume d’affari derivante per più del 50% dall’attività di export).
Così stando le cose, sarebbe allora sufficiente una comunicazione al Prefetto cosiddetta “modello 3” (che, secondo la classificazione contenuta nei siti prefettizi, è quella dedicata alle attività «dell’industria dell’ aerospazio e della difesa, nonché delle altre attività aventi rilevanza strategica nazionale», a mente dei commi 6 e 7 dell’art. 2 DPCM 10/04/2020 cit.), chiarendo in quel contesto in modo esplicito il senso attribuito alle parole «rilevanza strategica nazionale» nei termini indicati nella nota sopra richiamata.
Sperando che, mentre ci irretiamo nei modelli, nel frattempo il cliente estero non si sia già approvvigionato da qualche altra parte.