La Terza Sezione Civile della Cassazione, presieduta nell’ordinanza interlocutoria che si segnala, dal Dott. Travaglino, ha rimesso al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione, ritenuta di massima di particolare importanza, dell’ambito della nozione di specificità dei motivi di appello, oggi prevista dal novellato art. 342 C.P.C (e dall’omologo art. 434 C.P.C. nel rito del lavoro) a pena di inammissibilità.
In particolare, si vuole chiedere alle Sezioni Unite di specificare se tale nozione (specificità dei motivi) imponga all’appellante un onere di specificazione di un diverso contenuto della sentenza di primo grado, se non perfino un progetto alternativo di sentenza o di motivazione, o non piuttosto soltanto una compiuta contestazione di ben identificati capi della sentenza impugnata e dei passaggi argomentativi, in fatto ed in diritto, che la sorreggono, con la prospettazione chiara ed univoca della diversa decisione che ne conseguirebbe sulla base delle bene evidenziate ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo giudice.
Come si ricorderà, dal giorno 11/9/2012 tutti gli avvocati vivono in uno stato di profonda agitazione allorquando gli stessi si trovano a redigere un atto di appello.
Come noto, infatti, la citata novella ha introdotto il c.d. doppio filtro in appello: l’uno, quello previsto dal nuovo art. 348-bis C.P.C., relativo alla ragionevole probabilità di successo del gravame, e, l’altro, quello previsto dall’art. 342 C.P.C. come modificato che inerisce principalmente i nuovi requisiti di forma dell’appello.
Per quanto qui di interesse, è il secondo filtro in appello, quello costituito dalla c.d. specificità dei motivi ad essere oggetto di rimessione. Più precisamente la norma in questione (art. 342 C.P.C. come modificata dalla riforma) prevede che
«la motivazione dell’appello deve contenere, a pena di inammissibilità: 1) l’indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado; 2) l’indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione di legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata».
La novella elimina dunque i vecchi requisiti della ‘esposizione sommaria dei fatti’ e della ‘specificità dei motivi’ di appello, in precedenza richiesti dalla norma in esame, così recependo gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità sviluppatisi negli anni post riforma L. n. 353/1990 intorno al concetto di motivi “specifici”. Tale concetto, infatti, è stato interpretatovia via via in senso sempre più restrittivo, fino ad abbandonare la nozione di ‘gravame’ (quale l’appello) nella sua originaria definizione, come mezzo di doglianza generico, indeterminato ed a critica libera, in netta contrapposizione con il concetto di ‘impugnazione’ (quale la revocazione ed il ricorso per Cassazione), come mezzo di impugnazione, appunto, che deve contenere analiticamente l’indicazione di motivi specifici tassativamente predeterminati.
Oggi, invece, con l’ordinanza interlocutoria in questione, la Cassazione sembra volere fare un passo indietro rispetto a tale impostazione.
E tornando proprio all’ordinanza in commento, il Collegio della Terza Sezione ha ritenuto che il chiarimento circa l’ambito della nozione della specificità dei motivi fosse di estrema rilevanza, dal momento che l’appello è la fase del processo a cui va attribuito
«un ruolo cruciale per l’effettività della tutela dei diritti soprattutto quanto al giudizio di fatto, vista la severa limitazione del controllo sulla relativa motivazione introdotta dalla novella del n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. (su cui, per tutte, vedi le fondamentali Cass. Sez. U. 07/04/2014, nn. 8053 e 8054), ma lo ha al contempo reso si assai più complessa struttura processuale, introducendo requisiti di ammissibilità molto più stringenti […]».
Nel far ciò, la Cassazione ricorda che il nuovo concetto, trasfuso nella novella, di specificità dei motivi di appello non è stato interpretato in maniera finora costante dalla stessa Corte.
In breve sintesi, tre sono i significati che emergono dall’analisi delle pronunce di legittimità e di merito, nonchè dalle interpretazioni dottrinarie offerte nel corso degli ultimi 4 anni e mezzo dall’entrata in vigore della novella del 2012, tra cui:
1) vi è chi ha ritenuto che per specificità dei motivi si intenda la la necessaria individuazione in modo chiaro ed esauriente della parte (o capo) della sentenza che si impugna, c.d. “quantum appellatum” e formulando, sotto il profilo qualitativo, le ragioni del dissenso (Cass. 5/2/2015, n. 2143);
2) vi è poi chi ha ritenuto che il requisito di specificità dei motivi imponga un ben preciso ed articolato onere processuale, tanto che l’atto di appello debba offrire una ragionata e diversa soluzione della controversia rispetto a quella adottata dal primo giudice (Cass , 7/9/2016, n. 17712). In tale ipotesi sembra proprio che l’avvocato debba vestire i panni del giudice, individuando un progetto di sentenza alternativo rispetto a quello contenuto nella sentenza appellata;
3) vi è, infine, chi ha richiesto ai fini dell’integrazione dell’onere di specificità che la difesa esponga nell’atto di appello le ragioni (c.d. parte volitiva) che confutino e contrastino le ragioni addotte dal primo giudice (Cass. 27/9/2016, n. 18392). In tale ipotesi l’avvocato nel redigere l’atto di appello deve indicare espressamente le circostanze da cui deriva la violazione di legge e dar conto della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata, specificando, dunque, in che modo il Giudice violando la norma ha dato una soluzione non conforme alla ratio della norma medesima;
La questione acquista ancora più peso – ricorda la Cassazione – in un contesto un cui la giurisprudenza delle Sezioni Unite in punto di riparto dell’onere della prova in appello riafferma la natura dell’appello come «revisio prioris instantiae» anche in considerazione delle ricadute della questione sulla struttura stessa del grado di appello e quindi sull’ambito di effettività della tutela del diritto nel dispiegamento dei successivi gradi di giudizio.
Deve inoltre rilevarsi come il sopra richiamato principio della specificità dei motivi di appello vada oggi necessariamente comparato con il più recente principio c.d. di sinteticità degli atti processuali di parte, sempre nell’ottica della semplificazione e velocizzazione del processo civile, principio, peraltro, espresso anche in altri settori, quali in particolare il processo amministrativo che richiede, di converso, che gli atti siano chiari e sintetici, appunto. Ci si domanda, allora, come si possa essere al tempo stesso sintetici e specifici?!
Conclusivamente, per “tirare le fila” del nostro discorso, non ci resta che attendere la decisione delle Sezioni Unite….
Documenti & Materiali
Leggi l’ordinanza interlocutoria Cass. Civ., III Sezione, 5/4/2017, n. 8845