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Dopo circa sei mesi di piena operatività dei nuovi organismi di controllo disciplinare (si vedano in proposito i nostri interventi del 24–26–30/09/2014) il CNF, con delibera immediatamente esecutiva del 26/06/2015, ha modificato gli artt. 2, 14, 19 e 28 del Regolamento n. 2/2014 recante norme sul procedimento disciplinare il cui testo integrato è stato pubblicato il 31/07/2015.
Si tratta di modifiche che riguardano in sintesi una limitazione del numero dei procedimenti assegnati alle singole sezioni in un anno, le modalità di delibera del richiamo verbale e la manifesta infondatezza dell’addebito come causa di archiviazione in ogni momento del procedimento.
Limite nell’assegnazione dei procedimenti alle sezioni ed esigenza di contenimento dei costi
Dunque, nel rispetto di un’equilibrata e razionale suddivisione dei procedimenti tra le sezioni, tenuto conto delle incompatibilità previste dalla legge e dell’eguale distribuzione del ruolo di relatore tra i componenti, dal comma 3 dell’art. 2, citato Reg., viene limitata, fino ad un massimo di dieci per ogni sezione, l’assegnazione dei procedimenti, come preventivamente deliberata entro il mese di dicembre dell’anno precedente.
Il successivo comma 5 dello stesso articolo dispone che, pur con delibera motivata e per particolari esigenze, il Presidente del Consiglio Distrettuale potrà autorizzare il compimento di tutte, ovvero singole attività di una sezione, compresa la seduta per la celebrazione del dibattimento, anche presso la sede dei Consigli degli Ordini circondariali e che, sempre nell’ottica di un necessario contenimento dei costi, le riunioni delle sezioni possano svolgersi, se tecnicamente possibile e in presenza di un regolamento interno che lo preveda, anche a mezzo di videoconferenza.
Il richiamo verbale
Nei casi di infrazioni lievi e scusabili, quando il comportamento oggetto di segnalazione non merita l’applicazione di una sanzione disciplinare ma, comunque, sussistendo rilevanza deontologica nemmeno è giustificabile il proscioglimento, la Sezione può deliberare il richiamo verbale, previsto dal 4°comma dell’art. 22 Codice deontologico.
Ora l’art. 28, richiamando anche l’ipotesi prevista dal comma 4 bis dell’art. 14, prevede la possibilità che la sezione designata, senza convocare l’iscritto per gli adempimenti di cui all’art. 15 (apertura della fase preliminare del procedimento), possa subito formalizzare il richiamo attraverso una riservata del Presidente del Consiglio Distrettuale, immediatamente comunicata via raccomandata o pec all’incolpato, all’Ordine di appartenenza e, se con quest’ultimo non coincidente, all’Ordine dal quale è partita la segnalazione.
Nei trenta giorni successivi alla ricezione della comunicazione l’iscritto potrà opporsi a quanto deciso nei suoi confronti e chiedere che si proceda ad istruttoria preliminare. Concretamente apprezzabile sarà che all’effettiva minima rilevanza disciplinare di un comportamento segnalato debba – e non solo possa – corrispondere una rapida e corretta decisione senza dispendiosi passaggi procedurali.
L’archiviazione per manifesta infondatezza
All’art. 19 è aggiunta, infine, la previsione che consente alla sezione competente di deliberare l’archiviazione in qualsiasi fase del procedimento all’emergere della manifesta infondatezza dell’addebito: ipotesi che completa quelle preesistenti riguardanti l’archiviazione disposta dal Consiglio Distrettuale di Disciplina su richiesta del Presidente per manifesta infondatezza della notizia dell’illecito, nonchè quella disposta dalla sezione competente per l’istruttoria disciplinare, accolta la richiesta di archiviazione o rigettata quella di approvazione del capo d’incolpazione e di citazione a giudizio formulata dal consigliere istruttore (art. 19, citato Reg. 2/14).
Possibili evoluzioni
Le ragioni che hanno ispirato il recente intervento del CNF sono evidenti, emerse fin dai primi mesi di operatività dei nuovi organismi, ma anche in origine più che prevedibili, vista una formalizzazione talvolta eccessiva e in qualche caso inutilmente ripetitiva delle norme di legge [l’espressione riferita ai Regolamenti n.1 e 2 del 2014 è di Remo Danovi in «Il nuovo procedimento disciplinare: il Consiglio distrettuale di disciplina», Previdenza Forense n.1/2014].
Le soluzioni hanno richiesto contrazioni procedurali – pur nel rispetto del contraddittorio – laddove, in presenza di comportamenti di rilevanza disciplinare minima, certi passaggi obbligati costituivano comprensibilmente un inutile dispendio di energie, poi ancora contenimento dei costi, esigenze di raccordo tra Coa e Cdd specialmente nei Distretti più grossi.
Altre anomalìe permangono, al momento non ancora evidenziate, ad esempio, nell’esclusione dal diritto d’impugnazione del soggetto che ha attivato il procedimento stesso (art.33, 2°comma, Reg. 2/14).
L’esperienza dei Consigli Distrettuali è ancora giovane, proiezione di un sistema che applica le nuove norme deontologiche entrate in vigore solo dal 15/12/2014, avvalendosi di organismi “inediti”, diventati operativi solo dal 01/01/2015.
E di nuove norme, in realtà, si parla piuttosto con riferimento all’articolata formulazione e struttura del vigente Codice Deontologico; certamente meno con riferimento alla sostanza di limitazioni e anacronistiche restrizioni ancora imposte in virtù di un rigore formalistico che comprime la sostanza di una comunicazione professionale moderna ed efficace.
Impossibile al momento poter fare un bilancio circa il funzionamento di tali organismi. Sarebbe sterile esercizio anche solo pensare ad un raffronto tra le attività e funzioni precedentemente svolte dalla giurisdizione domestica dei Consigli dell’Ordine circondariali e l’attuale logica di giudizio, vincolata dalla novità della tipizzazione della condotta e delle possibili declinazioni sanzionatorie direttamente applicabili.
Ai CDD è stata affidata da più parti, forse con eccessiva enfasi presentativa, una funzione di recupero di quei valori professionali che un certo degrado, diffuso ad ogni livello, minaccia di non voler più riconoscere e difendere. Dunque l’interruzione del legame, in precedenza direttamente sussistente tra iscritto-incolpato e COA, tra elettore ed eletto, dovrebbe costituire già di per sè garanzia di un esercizio corretto della funzione disciplinare, in teoria svolto secondo criteri di giudizio immuni da contaminazioni ambientali e “politiche”.
Vedremo se ciò sarà sufficiente, se i CDD saranno in grado di agire in totale indipendenza ed autonomia o se un procedimento di formazione dei nuovi organismi, riservato ex lege solo ai consiglieri ordinistici, non avrà nella sostanza, con meccanismi noti fra i quali quello della cooptazione, contribuito a perpetuare vecchie logiche, sopravvivendo così nel sistema la possibilità di un’ingerenza dei COA cui la L. 247/2012 attribuisce ben altri compiti.