Con la sentenza n. 17989 del 13/09/2016, la Corte di Cassazione, riunita a Sezioni Unite, è stata chiamata a dirimere il rilevato contrasto, esistente all’interno della propria giurisprudenza, attorno al concetto di obbligazione pecuniaria “portabile” ai sensi dell’art. 1183, terzo comma, c.c. e, di conseguenza, sull’impatto che tale definizione riverbera sull’individuazione del foro alternativo del luogo in cui deve essere eseguita l’obbligazione (forum destinatae solutionis) ai sensi dell’art. 20 c.p.c.
Il caso
La società Alfa spa conveniva in giudizio, presso il giudice del luogo ove la stessa aveva la propria sede, la società Beta srl per ottenere da quest’ultima il pagamento di una somma di denaro quale corrispettivo di una fornitura prestata dall’attrice in favore della convenuta. Il giudice adìto, accogliendo l’eccezione della convenuta, dichiarava la propria incompetenza territoriale a favore di altro giudice, il quale, a detta del primo giudice e a differenza di esso, risultava soddisfare positivamente tutti i criteri dettati dal codice di rito al fine di radicare la competenza territoriale: domicilio della convenuta, luogo in cui è sorta l’obbligazione e luogo in cui deve essere eseguita l’obbligazione. In particolare, il giudice osservava quanto all’ultimo criterio citato, che nel caso di specie il luogo in cui doveva essere eseguita l’obbligazione coincideva, non già con il domicilio del creditore ai sensi dell’art. 1182, terzo comma, c.c., come preteso dall’attrice, ma con il domicilio del debitore ai sensi dell’art. 1182, quarto comma, c.c., in quanto la somma richiesta dall’attrice non era indicata nel titolo fatto valere e di conseguenza non si trattava di obbligazione pecuniaria da eseguirsi al domicilio del creditore, ma di converso di un obbliazione da adempiersi presso il domicilio del debitore al tempo della scadenza.
Avverso tale pronuncia l’attrice proponeva regolamento di competenza e la Sesta Sezione, cui è stato assegnato il ricorso, invocava l’intervento delle Sezioni Unite, avendo ravvisato un contrasto nella giurisprudenza di legittimità sulla questione «se sia applicabile l’art. 1182 c.c. comma terzo qualora nel contratto non risulti predeterminato l’importo del corrispettivo di una prestazione, ma tale importo venga autodeterminato dall’attore nell’atto con cui fa valere la propria pretesa creditoria.»
La decisione delle Sezioni Unite
Le Sezioni Unite, dunque, con la sentenza in questione, evidenziano che, in seno alla giurisprudenza della stessa Corte, sussistono sul punto due orientamenti:
- un primo orientamento – più restrittivo – a mente del quale l’obbligazione va eseguita al domicilio del creditore solo se ha ad oggetto una somma di denaro determinata dalle parti o, in mancanza, dal giudice attraverso mere operazioni di calcolo aritmetico. Al di fuori di tali ipotesi si ricade nell’ambito dell’art. 1183, quarto comma, c.c., secondo cui l’obbligazione va adempiuta al domicilio che il debitore ha al tempo della scadenza. Di conseguenza, in tale caso, al fine di richiedere giudizialmente l’adempimento, il foro alternativo di cui all’art. 20 c.p.c. (luogo in cui l’obbligazione deve essere eseguita) coincide con il foro generale del domicilio del convenuto;
- un secondo orientamento, secondo il quale l’art. 1183, terzo comma, c.c., che invece individua il domicilio del creditore quale luogo dell’adempimento e di conseguenza quale foro competente aisensi dell’art. 20 c.p.c., si applica tutte le volte in cui l’attore agisca in giudizio chiedendo una somma di denaro determinata, non rilevando ai fini dell’individuazione della competenza territoriale, la più o memo complessa indagine che il giudice dovrà effettuare sull’ammontare del credito vantato, indagine che invero riguarda la sola fase di merito.
Affrontando la questione, le Sezioni Unite pongono preliminarmente l’accento sul requisito della liquidità tipico delle obbligazioni pecuniarie cosiddette “portabili”, ovvero da eseguirsi al domicilio del creditore (cui si contrappongono, viceversa le obbligazioni cd. “richiedibili”, da eseguirsi al domicilio del debitore). Precisa la Cassazione che «obbligazioni pecuniarie “portabili”, ai sensi del terzo comma dell’art. 1182 c.c., sono soltanto quelle liquide, essendo assolutamente consolidato il principio che detta disposizione si riferisce alle sole obbligazioni pecuniarie derivanti da titolo convenzionale o giudiziale», aggiungendo inoltre che «la liquidità sussiste anche nel caso in cui l’ammontare del credito può essere determitato con un semplice calcolo aritmetico».
Ciò precisato, le Corte, giunge alla conclusione che il contrasto vada risolto confermando l’orientamento tradizionale e più restrittivo, che «richiedeva l’effettiva liquidità dell’obbligazione, in base al titolo, ai fini della qualificazione stessa come portabile per gli effetti di cui al combinato disposto degli artt. 1182, terzo comma, c.c. e 20 c.p.c».
A sostegno di tale assunto la Suprema Corte ritiene, inoltre, che il concetto di obbligazone portabile di cui all’art. 1182, terzo comma, c.c. sia rilevante anche sotto altro aspetto rispetto all’individuazione del forum destinatae solutionis previsto dall’art. 20 c.p.c.. Le prestazioni da eseguirsi al domicilio del creditore, alla loro scadenza, non comportano, infatti, la necessità della preventiva costituzione in mora, trattandosi di un tipico caso di mora ex re ai sensi dell’art. 1219, secondo comma, n. 3 c.p.c. E la giurisprudenza di legittimità sul punto è tetragona nel negare che la mora ex re si possa verificare anche in caso di obbligazioni pecuniarie “illiquide”. Diversamente opinando, infatti, il debitore potrebbe essere ritenuto responsabile per l’inadempimento di una prestazione il cui ammontare non era ancora stato determinato e tale possibilità è normativamente esclusa dall’art. 1218 c.c.
Detto ciò, occorre aggiungere che l’individuazione del domicilio del creditore quale luogo ove deve essere essere eseguita la prestazione ai sensi dell’art. 1182, terzo comma, c.c. e, di conseguenza quale foro alternativo ai sensi dall’art. 20 c.p.c., non può essere frustrata dall’eccezione del convenuto che neghi l’esistenza dell’obbligazione. I criteri volti a determinare la competenza sono, infatti, ancorati al principio della domanda di cui all’art. 10 c.p.c., quale norma di portata generale e tali criteri non possono essere influenzati dalla fondatezza o meno della pretesa attorea.
Tuttavia, è altrettanto vero che la liquidità del credito vantato deve risultare da criteri oggettivi e non dalla semplice prospettazione di esso effettuata dall’attore nella propria domanda. Se così non fosse, evidenzia la Suprema Corte, la controversia verrebbe radicata presso il forum creditoris in virtù del mero arbitrio di quest’ultimo anzichè in forza dell’oggettiva liquidità del credito azionato.
«Liquidità» – proseguono le Sezioni Unite- «significa che la somma dovuta risulta dal titolo e dunque non è necessario, per determinarla, un ulteriore titolo negoziale o giudiziale. L’ammontare della somma potrà risultare direttamente dal titolo originario, che la precisi, oppure solo indirettamente dallo stesso, allorchè questo indichi il criterio o i criteri applicando i quali tale somma va determinata».
Tali criteri, i particolare, devono essere stringenti, ovverosia devono condurre ad un risultato univoco senza possibilità che nell’applicare i suddetti criteri vi possano essere margini discrezionali per raggiungere il risultatato. Ne cosnegue che, se è pur vero che la competenza si determina in base a quanto dedotto dall’attore nella domanda, ciò non significa che sia consentito all’attore stesso di qualificare i fatti in modo inveritiero o contrario alla legge. Ai fini dell’individuazione della competenza, l’accertamento di tali fatti avviene, naturalmente, allo stato degli atti ai sensi dell’art. 38 c.p.c.
Sulla base delle suddette considerazioni le Sezioni Unite, con la sentenza in commento, hanno enunciato il seguente principio di diritto:
Le obbligazioni pecuniarie da adempiersi al domicilio del creditore, secondo il disposto dell’art. 1182, terzo comma, c.c., sono – agli effetti sia della mora ex re ai sensi dell’art. 1219 c.c., comma secondo, n. 3 c.c., sia della determinazione del forum destinatae solutionis ai sensi dell’art. 20, ultima parte, c.p.c. – esclusivamente quelle liquide, delle quali, cioè, il titolo determini l’ammontare, oppure indichi i criteri per determinarlo senza lasciare alcun margine di scelta discrezionale, e i presupposti della liquidità sono accertati dal giudice ,ai fini della competenza, allo stato degli atti secondo quanto dispone l’art. 38, ultimo comma , c.p.c.
In conclusione
In base a quanto sancito dalle Sezioni Unite con la sentenza in commento è possibile ritenere che la competenza territoriale si possa radicare presso il foro del domicilio del creditore, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1182, terzo comma c.c. e 20 c.p.c., allorquando il creditore agisca in giudizio per ottenere il pagamento di una somma di denaro il cui esatto ammontare risulti dal titolo invocato o sia attraverso esso determinabile in modo pressochè univoco.
Nella specie, non avendo la società attrice dedotto e provato che la somma vantata risultava dal titolo o comunque fosse attraverso questo determinabile, viene respinto il ricorso e quindi confermata la sentenza di declaratoria di incompetenza territoriale emessa dal giudice adìto dall’attrice.