Contenuti
La sezione tributaria della Suprema Corte con la decisione 15/11/2019, n. 29790 la cui lettura vi proponiamo oggi, torna sulla natura del termine previsto dall’art. 6, 10° co., D.L. 23/10/2018, n. 119, conv. in L. 17/12/2018, n. 136, sparigliando completamente i giochi appena fatti. pochi giorni prima, con il proprio precedente arresto Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 06/11/2019, n. 28493, di cui vi avevamo parlato a suo tempo.
Come si ricorderà, il l’art. 6, 10° co., D.L. 119/2018 cit. prescrive che, laddove il contribuente si avvalga della facoltà di definizione agevolata delle liti tributarie, queste ultime vengono sospese su istanza del contribuente stesso e tali restino sino al 31/12/2020 a condizione che l’istante depositi in atti, entro il 10/06/2019, «copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata».1
La Corte, con l’arresto 28943/2019 appena citato era intervenuta sul tema sancendo, in modo molti chiaro, non solo la natura perentoria del termine in questione (di talché il suo mancato rispetto comporta la ripresa del processo sino alla sentenza), ma anche l’inapplicabilità al medesimo del principio di scissione degli effetti di cui a Corte Cost. 28/2004,2 con la conseguenza che chi si avvale del servizio postale per il deposito della documentazione prevista dalla disposizione in parola sopporta il rischio dell’eventuale ritardo, giacché la tempestività dell’adempimento devesi valutare con riferimento alla data di arrivo del plico a destinazione e non rispetto a quella di spedizione del medesimo.
Detto, fatto, nove giorni – diconsi nove giorni – dopo la decisione appena ricordata la stessa sezione tributaria (nel cuore della quale non deve evidentemente albergare la preoccupazione per la certezza del diritto) con la decisione 29790/2019 che oggi vi proponiamo risolve la questione in senso completamente opposto, sancendo, all’esito di un percorso motivazionale articolato, la mera ordinatorietà del termine de quo, il mancato rispetto del quale resta, sempre secondo quanto opinato dalla S.C., sostanzialmente irrilevante.
La questione in breve
Il caso sui cui si esercita nella specie la Corte è il seguente.
Una società ed i suoi soci ricorrono per Cassazione contro una sentenza della CTR che li aveva visti soccombenti in un’ipotesi di recupero a tassazione di costi ritenuti dall’Agenzia non deducibili.
Nelle more del processo, i medesimi si avvalgono della facoltà di definizione agevolata della lite ex. D.L. 119/2018 cit., ma depositano in atti la prescritta documentazione solo in data 23/10/2019, vale a dire ben oltre il termine previso al sopra ricordato 10° comma dell’art. 6 D.L. 119/2018, coincidente con il 10/06/2019.
Di qui il problema affrontato dalla Corte, relativo alla natura – perentoria o meramente dilatoria – del termine in questione e delle conseguenze ricollegate al suo mancato rispetto.
Sintesi della decisione
Come si è sopra anticipato, la Corte, in consapevole contrasto con il giudicato 28943/2019 da essa reso nove giorni prima, conclude per la mera ordinatorietà del termine, peraltro all’esito di un percorso motivazionale articolato i cui punti salienti possono essere così riassunti.
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in tesi generale i termini previsti dalla legge sono ordinatori, salvo che la legge non li dichiari espressamente perentori;
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tale principio vale anche in materia tributaria ove «in mancanza di un’esplicita previsione, il termine normativamente stabilito per il compimento di un atto ha efficacia meramente ordinatoria ed esortativa o acceleratoria, cioè costituisce un invito a non indugiare, e l’atto può essere compiuto dall’interessato o dalla stessa Amministrazione fino a quando ciò non venga altrimenti precluso»;
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la considerazione prosegue la corte, deve considerarsi valida a fortiori laddove si verta in ipotesi di condono ove vige il «il favor del legislatore per la definizione agevolata, il quale postula una valutazione non già letterale e formalistica, ma sostanziale della domanda, ossia l’individuazione degli effetti che il contribuente abbia inteso conseguire»;
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il termine di cui all’art. 6, 10° co., D.L. 119/2018 cit., dunque, devesi considerare per tali ragioni ordinatorio, conclusione peraltro ulteriormente avvalorata dalla circostanza che trattasi di termine di natura processuale, cui torna applicabile «l’art. 152 c.p.c., comma 2, secondo il quale “i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori”», declaratoria nella specie non esistente;
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dunque, il suo spirare «non determina la decadenza del contribuente dalla facoltà di chiedere la sospensione del processo, in quanto ogni decadenza, anche in materia processuale, deve essere testuale ed essere espressamente sancita dalla legge»;
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infine, la sospensione del processo de qua, secondo la Corte è a ben guardare indipendente dalla sua stessa declaratoria giudiziale, trattandosi di un effetto ex lege che, come tale, «non abbisogna di una scelta provvedimentale, dovendo il giudice limitarsi a prendere atto dell’istanza avanzata dal contribuente».
Questa la massima che abbiamo estrapolato dalla decisione in rassegna:
«In materia tributaria, in mancanza di un’esplicita previsione, il termine normativamente stabilito per il compimento di un atto ha efficacia meramente ordinatoria ed esortativa o acceleratoria, cioè costituisce un invito a non indugiare, e l’atto può essere compiuto dall’interessato o dalla stessa Amministrazione fino a quando ciò non venga altrimenti precluso.
Ciò vale a maggior ragione riguardo alla posizione del contribuente in tema di condono fiscale, laddove è ancor più evidente il favor del legislatore per la definizione agevolata, il quale postula una valutazione non già letterale e formalistica, ma sostanziale della domanda, ossia l’individuazione degli effetti che il contribuente abbia inteso conseguire.
Nella fattispecie prevista dall’art. 6, 10° co., D.L. n. 119 del 2018, dunque, mancando una esplicita previsione di perentorietà, lo spirare del termine del 10 giugno 2019 per il deposito della domanda di definizione della lite e del versamento degli importi dovuti non determina la decadenza del contribuente dalla facoltà di chiedere la sospensione del processo, in quanto ogni decadenza, anche in materia processuale, deve essere testuale ed essere espressamente sancita dalla legge.
L’effetto sospensivo previsto dalla disposizione appena citata, inoltre, deriva dalla legge e non abbisogna di una scelta provvedimentale, dovendo il giudice limitarsi a prendere atto dell’istanza avanzata dal contribuente» (Massima non ufficiale).
Conclusioni
Vorremmo poter concludere in qualche modo, ma l’esistenza di due provvedimenti resi a poco più di una settimana l’uno dall’altro di segno completamente opposto non rende certo agevole tale compito.
Certo, gli snodi argomentativi dell’ordinanza odierna e il suo tenore di stampo non formalistico – oltre che obiettivamente fondato su dati testuali oggettivi relativi alla necessità, ai fini della valutazione di perentorietà o meno del termine, di un’espressa disposizione di legge nella specie mancante – la rendono più persuasiva della precedente, la quale aveva concluso per la natura perentoria del termine de quo in modo fondamentalmente apodittico.
Lascia, tuttavia, perplessi l’ulteriore conclusione tratta dalla Corte circa la fondamentale irrilevanza della violazione di detto termine, giacché esso, ancorché ordinatorio, mantiene pur sempre natura processuale, come la decisione in rassegna apertamente riconosce.
In effetti, a chi scrive pare che la distinzione tra termini processuali perentori e ordinatori risieda non tanto nella possibilità di violare i secondi senza conseguenza alcuna (posto che in tal modo si vanificherebbe del tutto la loro idoneità a “ritmare” il procedimento cui ineriscono), bensì nella facoltà di richiederne, ove essi non siano ancora scaduti, la proroga: opzione riconosciuta solo per i termini ordinatori dall’art. 154 c.p.c. e negata, invece, dall’art. 153 c.p.c. in caso di termini perentori.
In altre parole, dunque, una volta qualificato come ordinatorio il termine di cui si tratta, non si è del tutto certi dalla validità dell’ulteriore conclusione relativa all’irrilevanza della sua violazione tratta dalla Corte con la decisione in esame: con la conseguenza che si impone comunque prudenza nel valutare fattispecie analoghe a quella de qua.
Il testo integrale della decisione
RILEVATO
che:
1. L’Agenzia delle Entrate, a seguito di acquisizione di documentazione esibita in risposta al questionario, notificava alla società [Omissis] s.a.s. ed ai soci [Omissis] e [Omissis] distinti avvisi di accertamento per l’anno 2007, con i quali, disconoscendo la deducibilità di costi, recuperava a tassazione maggiori imposte ai fini IRES, IRAP e I.V.A. a carico della società e maggiore IRPEF a carico dei soci;
2. proposti distinti ricorsi dalla società e dai soci, che deducevano violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, nullità degli atti impositivi per omessa redazione del processo verbale di contestazione, violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, e contestavano nel merito le riprese a tassazione, la Commissione tributaria provinciale, previa riunione, li accoglieva parzialmente, ritenendo giustificati e inerenti solo costi per Euro 32.588,00 (su un totale non riconosciuto di Euro 83.254,70); .
3. la sentenza veniva impugnata dalla società e dai soci dinanzi alla Commissione tributaria regionale, la quale, disattese le eccezioni preliminari di nullità degli atti impositivi, rilevava, con riguardo ai lavori asseritamente svolti dalla società [Omissis] s.a.s. presso il cantiere di [Omissis], che la documentazione prodotta dalla contribuente non fosse idonea a dimostrare la effettiva esecuzione e, dunque, la deducibilità dei costi fatturati;
4. avverso la suddetta decisione hanno proposto ricorso per cassazione la società contribuente e i soci, affidato a tre motivi, cui resiste l’Agenzia delle Entrate mediante controricorso;
5. in prossimità dell’adunanza camerale le parti ricorrenti hanno depositato distinte istanze, con le quali, dichiarando di essersi avvalse della cd. “definizione agevolata” di cui al D.L. n. 119 del 2018, art. 6, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 136 del 2018, chiedono la sospensione del processo sino al 31 dicembre 2020 e, in assenza di ulteriori istanze di trattazione da presentare entro tale ultima data, la estinzione del medesimo processo per cessazione della materia del contendere, con compensazione delle spese di lite.
CONSIDERATO
che:
1. Pregiudiziale all’esame dei motivi di ricorso risulta la decisione sulle istanze di sospensione depositate presso la Cancelleria di questa Corte in data 23 ottobre 2019, alle quali sono state allegate le domande di definizione agevolata della controversia presentate dai ricorrenti in via telematica all’Agenzia delle Entrate in data 27 maggio 2019, con copia di avvenuta ricezione delle stesse protocollata dallo stesso Ufficio, e le copie dei versamenti delle rate effettuati in pari data.
Secondo la costante prassi di questa Sezione, la mera circostanza della presentazione della documentazione di sanatoria oltre il termine del 10 giugno 2019 previsto dal D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 10, non costituisce ragione sufficiente per il rifiuto della sospensione richiesta.
Da questo indirizzo si è discostata la recente ordinanza n. 28493 della Sezione 6-5 di questa Corte, depositata in data 6 novembre 2019, che – decidendo su ricorso per cassazione del contribuente avverso sentenza della Commissione tributaria regionale che aveva accolto l’appello dell’Amministrazione finanziaria, confermando l’avviso di accertamento volto al recupero di imposte dirette e di I.V.A. – ha respinto l’istanza di sospensione pervenuta via posta presso la Cancelleria in data 11 giugno 2019, ritenendo che “per espressa previsione di legge, al fine di ottenere l’effetto sospensivo D.L. 119 del 2018 ex art. 6, sino al 31 dicembre 2020, deve essere depositata avanti l’autorità giudiziaria avanti alla quale pende il processo la copia della domanda di definizione e del versamento, entro il termine perentorio del 10.6.2019”.
2. Si impone, quindi, di verificare se il mancato rispetto del termine del 10 giugno 2019 previsto dal D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 10 sia ostativo all’accoglimento delle istanze di sospensione.
La soluzione di tale questione richiede di valutare se il termine previsto per il deposito dell’istanza di sospensione presso l’organo giurisdizionale innanzi al quale pende la controversia abbia natura perentoria o, piuttosto, ordinatoria.
2.1. Costituisce principio generale, derivante da quello di legalità, che i termini stabiliti dalla legge sono di principio ordinatori, salvo che la legge stessa espressamente li dichiari perentori o colleghi esplicitamente al loro decorso un qualche effetto decadenziale o comunque restrittivo (Cons. Stato, sez. VI, 13/3/2013, n. 1511; Cons. Stato 7/7/2014, n. 3431).
Tale principio trova sicura applicazione nel diritto pubblico sia nell’ambito dei poteri dell’amministrazione (Cons. Stato sez. V, 23/4/1982, n. 304, sui poteri sostitutivo in materia urbanistica), sia nell’ambito di procedimenti diretti ad ottenere provvedimenti espansivi ed accrescitivi della posizione giuridica del soggetto privato (Cons. Stato, sez. III, 26/5/2016, n. 2230, in tema di rinnovo del permesso di soggiorno).
2.2. Anche nel diritto tributario, che dal diritto pubblico mutua taluni aspetti regolatori in assenza di specifiche disposizioni, valgono i medesimi principi, sia riguardo all’azione del fisco presidiata dai principi costituzionali di capacità contributiva e buona amministrazione (Cass. sez. V, 5/10/2012, n. 17002 e Cass. 6-5, ord. 27/4/2017, n. 10481, sul termine di permanenza degli operatori civili o militari dell’amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente; Cass. sez. V, 3/4/2013, n. 8055 e Cass. Sez. U, 12/11/2004, n. 21498, sul termine annuale per rettifica cd. formale; Cass. sez. V, 30/6/2010, n. 15542 e Cass. sez. 6-5, ord. 19/3/2014, n. 6411, sulla trasmissione del certificato catastale attestante l’avvenuta iscrizione con attribuzione di rendita), sia riguardo alla posizione del contribuente.
Infatti, in materia tributaria, in mancanza di un’esplicita previsione, il termine normativamente stabilito per il compimento di un atto ha efficacia meramente ordinatoria ed esortativa o acceleratoria, cioè costituisce un invito a non indugiare, e l’atto può essere compiuto dall’interessato o dalla stessa Amministrazione fino a quando ciò non venga altrimenti precluso (Cass., sez. 5, 8/05/2013, n. 10761).
Ciò vale a maggior ragione riguardo alla posizione del contribuente in tema di condono fiscale, laddove è ancor più evidente il favor del legislatore per la definizione agevolata, il quale postula una valutazione non già letterale e formalistica, ma sostanziale della domanda, ossia l’individuazione degli effetti che il contribuente abbia inteso conseguire (Cass., sez. 5, 22/1/2007, n. 1289; Cass., sez. 5, 17/5/2006, n. 11570).
3. Alla luce delle considerazioni che precedono appare manifesta la necessità di approfondire il significato da attribuire alle regole dettate dall’art. 6, comma 10, citato, il quale prevede, al primo periodo, che “le controversie definibili non sono sospese, salvo che il contribuente faccia apposita richiesta al giudice, dichiarando di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo. In tal caso il processo è sospeso fino al 10 giugno 2019” e, al secondo periodo, che “Se entro tale data il contribuente deposita presso l’organo giurisdizionale innanzi al quale pende la controversia copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, il processo resta sospeso fino al 31 dicembre 2020”.
3.1. Va in proposito osservato che il termine del 10 giugno 2019 ha natura processuale, in quanto volto a fissare il momento entro il quale si può presentare l’istanza all’organo giurisdizionale dinanzi al quale pende la controversia al fine di ottenere la sospensione del processo, sicché ad esso si applica l’art. 152 c.p.c., comma 2, secondo il quale “i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori”.
In mancanza di una espressa disposizione che lo dichiari perentorio, il termine normativamente fissato per il compimento di un atto ha natura ordinatoria, quale invito a non indugiare, e il suo mancato rispetto non comporta alcuna decadenza e non impedisce che l’atto possa essere compiuto fino a quando ciò non venga precluso altrimenti.
Nella fattispecie sospensiva in esame, mancando una esplicita previsione, lo spirare del termine del 10 giugno 2019 non determina la decadenza del contribuente dalla facoltà di chiedere la sospensione del processo, in quanto ogni decadenza, anche in materia processuale, deve essere testuale ed essere espressamente sancita dalla legge (analogamente a quanto previsto da Cass. sez. L, 23/11/2012, n. 20777, sui termini di cui all’art. 327 c.p.c.; da Cass. sez. III, 18/4/2011, n. 8857, sul termine di cui all’art. 588 c.p.c.; da Cass. sez. III, 29/11/2005, n. 26039, sul termine di cui all’art. 415 c.p.c., comma 4).
3.2. Peraltro, l’effetto sospensivo deriva dalla legge e non abbisogna di una scelta provvedimentale, dovendo il giudice limitarsi a prendere atto dell’istanza avanzata dal contribuente.
Ciò in quanto la funzione della sospensione è quella di raccordare la procedura amministrativa di definizione agevolata della lite con quella processuale pendente, posto che, da una parte, permette al contribuente di evitare di venirsi a trovare in una situazione pregiudizievole nel processo pendente e di ottenere il tempestivo disbrigo della relativa procedura dinanzi agli uffici giudiziari e, dall’altra, all’Amministrazione finanziaria di poter svolgere l’attività istruttoria necessaria ai fini delle successive determinazioni sulla domanda di definizione presentata dal contribuente (dovendo l’Agenzia delle Entrate entro il 31 luglio 2020 notificare al contribuente l’eventuale diniego della definizione agevolata nel caso in cui ritenga la controversia non definibile o comunque non valida la definizione per insufficiente versamento dell’importo dovuto).
La sospensione, in sostanza, svolge una funzione “protettiva” e non “preclusiva”, dato che assolve all’esigenza di avere uno stato di temporanea quiescenza del processo in attesa della definizione della procedura amministrativa che presuppone la non prosecuzione medio tempore dell’ordinario svolgimento dell’attività processuale.
Tale finalità trova giustificazione nel normale intento del legislatore di favorire l’estinzione del processo a seguito della sanatoria intervenuta nelle more del giudizio ed è strettamente connessa ai riflessi di ordine pubblico nascenti dalla legge di condono, che, derogando alla pretesa impositiva, stabilisce un sistema d’imposizione diversificato per quelle esigenze di salvaguardia di regolarità e speditezza del gettito ritenute meritevoli di tutela anche dalla Corte costituzionale (Cass. Sez. U, 27/1/2016, n. 1518, sulla rilevabilità d’ufficio della sanatoria fiscale).
La natura ordinatoria del termine del 10 giugno 2019 per la presentazione da parte del contribuente della documentazione di sanatoria consente, dunque, l’accoglimento delle istanze di sospensione avanzate dalle odierne parti ricorrenti.
P.Q.M.
La Corte sospende il processo, ai sensi del D.L. 23 ottobre 2018, n. 119, art. 6, comma 10, convertito, con modificazioni, nella L. n. 136 del 2018, sino al 31 dicembre 2020 e rinvia la causa a nuovo ruolo.
Documenti & materiali
Scarica Cass. Civ., Sez. Trib., ord. 15/11/2019, n. 29790
Scarica Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza 06/11/2019, n. 28493
Leggi l’articolo Pace fiscale: chi deposita la domanda di definizione a mezzo posta corre il rischio della tardività
Note al testo
1. La disposizione in esame recita: «Art. 6 – Definizione agevolata delle controversie tributarie. [Omissis] 10. Le controversie definibili non sono sospese, salvo che il contribuente faccia apposita richiesta al giudice, dichiarando di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo. In tal caso il processo è sospeso fino al 10 giugno 2019. Se entro tale data il contribuente deposita presso l’organo giurisdizionale innanzi al quale pende la controversia copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, il processo resta sospeso fino al 31 dicembre 2020. [Omissis]».
2. C. Cost, 23/01/2004, n. 28 secondo cui «per effetto di precedenti sentenze della Corte costituzionale, risulta ormai presente fra le norme generali sulle notificazioni degli atti il principio secondo il quale il momento in cui la notifica si deve considerare perfezionata per il notificante deve distinguersi da quello in cui essa si perfeziona per il destinatario; fermo restando che termini o adempimenti di legge a favore o a carico di quest’ultimo decorrenti dalla notificazione vanno comunque calcolati al momento in cui la notifica si perfeziona nei suoi confronti. Il principio di scissione fra i due momenti di perfezionamento della notificazione si rinviene nell’art. 149 cod. proc. civ., per effetto della sentenza n. 477 del 2002 (e nell’art. 142, anche in combinato disposto con il terzo comma dell’art. 143, per effetto della sentenza n. 69 del 1994) ed è ormai decisivo per l’interpretazione sistematica delle altre norme del codice di procedura civile sulle notificazioni. Pertanto, non è fondata la questione di costituzionalità, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, del combinato disposto degli artt. 139 e 148 del codice di procedura civile, «nella parte in cui prevede che le notificazioni si perfezionino, per il notificante, alla data di perfezionamento delle formalità di notifica poste in essere dall’ufficiale giudiziario e da questi attestate nella relazione di notificazione, anziché alla data, antecedente, di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario» dovendosi le norme censurate interpretare nel senso che la notificazione si perfeziona nei confronti del notificante al momento della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario. – In tema di notificazioni a mezzo del servizio postale ed in tema di notificazioni all’estero, v., citate, rispettivamente, sentenze n. 477/2002 e n. 64/1994».