CASS. CIV., SEZ. I, ORDINANZA 09/10/2019, N. 25391
«Il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notificazione, di copia analogica della decisione impugnata – redatta in formato elettronico e sottoscritta digitalmente, e necessariamente inserita nel fascicolo informatico -, priva di attestazione di conformità del difensore ex art. 16 bis, comma 9 bis, del di. n. 179 del 2012, convertito dalla I. n. 221 del 2012, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non determina l’improcedibilità del ricorso per cassazione laddove il controricorrente (o uno dei controricorrenti), nel costituirsi (anche tardivamente), depositi a sua volta copia analogica della decisione ritualmente autenticata, ovvero non disconosca la conformità della copia informale all’originale.
Nell’ipotesi in cui, invece, la controparte (o una delle controparti) sia rimasta soltanto intimata, ovvero abbia effettuato il suddetto disconoscimento, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità il ricorrente ha l’onere di depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica, entro l’udienza di discussione o l’adunanza in camera di consiglio»1
FATTI DI CAUSA
1. La [Omissis] ha chiesto l’ammissione in prededuzione al passivo del fallimento [Omissis] in liquidazione deducendo di aver stipulato e adempiuto un contratto di assistenza professionale in pendenza della procedura di concordato preventivo della società successivamente fallita che prevedeva un compenso forfettario di euro 50.000,00 in suo favore.
2. Il credito non è stato ammesso al passivo dal G. D. in quanto l’attività prestata non è stata ritenuta funzionale all’ammissione alla procedura di concordato.
3. Ha proposto opposizione allo stato passivo [Omissis] insistendo per l’ammissione del credito.
4. Il Fallimento ha eccepito l’inammissibilità della domanda svolta dalla stessa in sede di opposizione in quanto diversa da quella svolta in sede di insinuazione allo stato passivo e nel merito ha contestato il credito sia in relazione al difetto di indipendenza dell’istante nei confronti della società fallita sia in relazione al non esatto adempimento della prestazione professionale pattuita. Il curatore tuttavia ha dichiarato di riconoscere il lavoro svolto dalla [Omissis], segnatamente la parte relativa alla ricostruzione della posizione debitoria della società nei confronti di [Omissis], rilevando che tale attività è stata utilizzata anche ai fini della corretta formazione dello stato passivo, e ha valutato a titolo di stima personale l’apporto fornito dalla [Omissis] in una cifra compresa fra 20.000 e 25.000 euro.
5. Con il decreto impugnato del 19/27 luglio 2016, il Tribunale di [Omissis] ha dichiarato inammissibile l’opposizione proposta da [Omissis] contro il Fallimento della società [Omissis] in liquidazione ritenendo fondata l’eccezione di inammissibilità della domanda, avendo la stessa proposto in sede di opposizione una domanda nuova rispetto a quella originariamente svolta in sede di ammissione. Nel caso di specie, ha rilevato il Tribunale, la dott.ssa [Omissis], dopo aver chiesto l’ammissione in prededuzione del credito in sede di insinuazione al passivo, ne ha richiesto l’ammissione al privilegio con la domanda di opposizione e, stante la radicale diversità dei presupposti tra il riconoscimento della prededuzione e del privilegio, va ritenuta la novità della domanda introdotta con il ricorso in opposizione che deve, pertanto, essere dichiarata inammissibile, con conseguente conferma del provvedimento impugnato. Inoltre, ha rilevato il Tribunale [Omissis], non vi è stata, in primo grado, alcuna valutazione dei presupposti per il riconoscimento del privilegio e quindi al giudice dell’opposizione tale valutazione, relativa ad elementi del tutto nuovi, è semplicemente preclusa. Né, secondo il Tribunale, può ritenersi idonea a sanare il vizio di immutazione della domanda, la successiva rettifica, circa la persistente richiesta di ammissione del credito in prededuzione, perché formulata dall’opponente tardivamente, né parimenti può attribuirsi valore di riconoscimento del credito alle dichiarazioni del curatore che non ha prestato il proprio consenso neanche a una definizione transattiva della controversia.
6. Ricorre per cassazione [Omissis] che deduce la violazione e falsa applicazione di norme (artt. 113 e 115 c.p.c. e art. 111 L.F.). Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente afferma che il tribunale erra nel qualificare la domanda formulata dall’opponente in sede di opposizione, come domanda di ammissione in via privilegiata, e nel ritenere non ammissibile in quanto nuova la domanda formulata in appello, così come ha errato il tribunale nel ritenere preclusa una specificazione del contenuto della domanda nel corso del giudizio di appello. Rileva la ricorrente che la istanza di ammissione aveva chiaramente ad oggetto la insinuazione del credito al passivo in prededuzione e se, per un verso, anche con riferimento alla motivazione della mancata ammissione, non vi era ragione per modificare la richiesta, interamente riproposta nel merito, rinunciando alla prededuzione. Per altro verso una volontà della opponente nel senso ritenuto dal Tribunale non emerge ed anzi è smentita dal contenuto dell’impugnazione. A fronte della eccezione della curatela fallimentare la opponente ha inoltre tempestivamente chiarito il contenuto della propria impugnazione.
Si difende con controricorso e deposita memoria difensiva il Fallimento che eccepisce preliminarmente: la nullità della procura perché priva della sottoscrizione sia della [Omissis] che del di lei difensore; l’improcedibilità del ricorso ex art. 369 c.p.c. per la mancata produzione, nel termine di venti giorni dalla notifica del ricorso, della copia autentica del provvedimento impugnato con la relativa notifica; l’inammissibilità del ricorso ex art. 360 bis c.p.c. per essere lo stesso in evidente contrasto con la giurisprudenza consolidata di legittimità e sostanzialmente inteso a una revisione nel merito della decisione impugnata. Rileva in particolare il fallimento che la ricorrente [Omissis] ha prodotto un documento rubricato sotto la dicitura “decreto di inammissibilità”, senza alcuna specificazione in merito all’autenticità della copia né alla relativa relata di notifica. In assenza della quale, peraltro, non è possibile verificare la tempestività della notifica del ricorso per cassazione. Nel merito il fallimento ritiene la infondatezza del ricorso rilevando che a nulla può rilevare il fatto che, nel ricorso ex art. 98 I. fall., la [Omissis] abbia fatto riferimento, peraltro in maniera del tutto generica e non contestualizzata, alla giurisprudenza in materia di prededuzione e abbia chiesto l’ammissione al passivo dell’intero credito dato che le espressioni adoperate nella parte espositiva del ricorso in opposizione allo stato passivo, non possono far pensare né implicitamente né indirettamente, ad una volontà diversa da quella di cui alla conclusioni e pertanto correttamente il Tribunale di [Omissis] ha ritenuto la sussistenza di una mutatio libelli. Il tribunale inoltre a giudizio del Fallimento ha rettamente evidenziato che la precisazione formulata dalla [Omissis] non poteva sanare, tardivamente, il vizio dell’opposizione allo stato passivo. In subordine il Fallimento chiede il rigetto del ricorso non avendo la ricorrente adempiuto con diligenza all’incarico conferitole e non avendo l’attività svolta apportato alcuna utilità ai creditori. Infine il Fallimento richiede la condanna ex art. 96 c.p.c. della ricorrente per essere stato il ricorso proposto nonostante la sua chiara infondatezza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
8. É infondata la eccezione di nullità della procura risultando notificata in via telematica la riproduzione del ricorso e specificamente della prima pagina contenente la procura a margine sottoscritta dalla ricorrente e dal suo difensore senza che l’autenticità di tali sottoscrizioni sia stata contestata dal controricorrente fallimento.
9. Quanto alla eccezione di improcedibilità del ricorso ex art. 369 c.p.c va ribadito quanto affermato dalla sentenza n. 8312 del 25 marzo 2019 delle Sezioni Unite secondo cui “il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notificazione, di copia analogica della decisione impugnata – redatta in formato elettronico e sottoscritta digitalmente, e necessariamente inserita nel fascicolo informatico -, priva di attestazione di conformità del difensore ex art. 16 bis, comma 9 bis, del di. n. 179 del 2012, convertito dalla I. n. 221 del 2012, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non determina l’improcedibilità del ricorso per cassazione laddove il controricorrente (o uno dei controricorrenti), nel costituirsi (anche tardivamente), depositi a sua volta copia analogica della decisione ritualmente autenticata, ovvero non disconosca la conformità della copia informale all’originale; nell’ipotesi in cui, invece, la controparte (o una delle controparti) sia rimasta soltanto intimata, ovvero abbia effettuato il suddetto disconoscimento, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità il ricorrente ha l’onere di depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica, entro l’udienza di discussione o l’adunanza in camera di consiglio”. La ricorrente nel caso in esame ha provveduto a quest’ultimo incombente depositando entro la data dell’adunanza in camera di consiglio la predetta asseverazione di conformità. La tempestività dell’impugnazione rende superflua la verifica circa la prova della notifica del provvedimento impugnato.
10. Nel merito il ricorso è fondato e non si oppone a una pacifica applicazione della giurisprudenza di legittimità per cui va respinta preliminarmente l’ulteriore eccezione di inammissibilità ex art. 360 bis c.p.c. Al contrario la ricorrente contesta l’utilizzazione di canoni interpretativi meramente testuali da parte del Tribunale nella qualificazione della domanda come nuova domanda, in quanto non più diretta alla ammissione in prededuzione ma alla ammissione in via privilegiata del proprio credito. Va rilevato che, ai sensi dell’art. 111 bis c.2 LF, la ammissione in prededuzione non esclude la verifica dei privilegi e la graduazione tra crediti prededucibili. In generale poi, in tema di formazione dello stato passivo, questa Corte ha affermato che ai fini della qualificazione della domanda di ammissione al passivo va privilegiata, rispetto al dato testuale della domanda, la volontà del creditore desumibile dalla complessiva prospettazione della propria pretesa creditoria nei confronti del fallimento e, pertanto, nell’ipotesi di un creditore che intenda ottenere l’insinuazione in collocazione privilegiata tale volontà può comunque desumersi, qualora manchi un’espressa istanza di riconoscimento della prelazione, dalla chiara esposizione della causa del credito in relazione alla quale essa è richiesta, dovendosi determinare l’oggetto della domanda giudiziale alla stregua delle complessive indicazioni contenute in quest’ultima e dei documenti alla stessa allegati (Cass. civ. sez. 6 – 1, ordinanza n.8636 del 9 aprile 2018). Nel caso in esame il Tribunale avrebbe dovuto verificare e tenere conto delle argomentazioni difensive secondo cui: a) la mera (e non decisiva) dizione “ammissione in privilegio” nelle conclusioni non coincideva logicamente con il contenuto dell’atto di opposizione in cui si argomentava, invocando la giurisprudenza di legittimità, sulla prededucibilità dei crediti sorti, prima della dichiarazione di fallimento, in occasione o in funzione delle procedure concorsuali che lo hanno preceduto; b) una rinuncia alla richiesta di prededuzione non aveva una giustificazione logica a fronte della riproposizione delle stesse deduzioni relative alla fondatezza del credito nella sua interezza già proposte in sede di richiesta di ammissione al passivo. Un corretto esercizio del compito interpretativo richiedeva quindi la valutazione complessiva dell’atto per espungere eventuali dubbi interpretativi e giustificava il chiarimento reso nel corso del giudizio dalla opponente che non può essere considerato come una ulteriore e inammissibile immutazione della domanda ma come una necessaria chiarificazione conseguente alla eccezione sollevata dalla curatela fallimentare.
11. Il ricorso va pertanto accolto con conseguente cassazione del decreto impugnato e rinvio al Tribunale di [Omissis] che deciderà, in diversa composizione, anche sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di [Omissis] che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Documenti & materiali
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Note al testo
1. La decisione, sul punto, si pone espressamente nel solco da ultimo tracciato da Cass. Civ., SS.UU., 25/03/2019, n. 8312, che enunciava il seguente principio di diritto:
il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica della decisione impugnata predisposta in originale telematico e notificata a mezzo PEC priva di attestazione di conformità del difensore L. n. 53 del 1994, ex art. 9, commi 1-bis e 1-ter, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non comporta l’applicazione della sanzione dell’improcedibilità ove l’unico controricorrente o uno dei controricorrenti (anche in caso di tardiva costituzione) depositi copia analogica della decisione stessa ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all’originale notificatogli D.Lgs. n. 82 del 2005, ex art. 23, comma 2. Invece, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità, il ricorrente ha l’onere di depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica sino all’udienza di discussione o all’adunanza in camera di consiglio nell’ipotesi in cui l’unico destinatario della notificazione del ricorso rimanga soltanto intimato (oppure tali rimangano alcuni o anche uno solo tra i molteplici destinatari della notifica del ricorso) oppure comunque il/i controricorrente/i disconosca/no la conformità all’originale della copia analogica non autenticata della decisione tempestivamente depositata;
i medesimi principi si applicano all’ipotesi di tempestivo deposito della copia della relata della notificazione telematica della decisione impugnata – e del corrispondente messaggio PEC con annesse ricevute – senza attestazione di conformità del difensore L. n. 53 del 1994, ex art. 9, commi 1-bis e 1-ter, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa;
il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica della decisione impugnata redatta in formato elettronico e firmata digitalmente (e necessariamente inserita nel fascicolo informatico) senza attestazione di conformità del difensore D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, ex art. 16-bis, comma 9-bis, convertito dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221 oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non comporta l’applicazione della sanzione dell’improcedibilità ove l’unico controricorrente o uno dei controricorrenti (anche in caso di tardiva costituzione) depositi copia analogica della decisione stessa ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all’originale della decisione stessa. Mentre se alcune o tutte le controparti rimangono intimate o comunque depositino controricorso ma disconoscano la conformità all’originale della copia analogica non autenticata della decisione tempestivamente depositata il ricorrente, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità, ha l’onere di depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica della decisione impugnata sino all’udienza di discussione o all’adunanza in camera di consiglio;
il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica della decisione impugnata sottoscritta con firma autografa ed inserita nel fascicolo informatico senza attestazione di conformità del difensore L. n. 53 del 1994, ex art. 9, commi 1-bis e 1ter, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non comporta l’applicazione della sanzione dell’improcedibilità ove l’unico controricorrente o uno dei controricorrenti (anche in caso di tardiva costituzione) depositi copia analogica della decisione stessa ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all’originale della decisione stessa. Mentre se alcune o tutte le controparti rimangono intimate o comunque depositino controricorso ma disconoscano la conformità all’originale della copia analogica non autenticata della decisione tempestivamente depositata il ricorrente, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità, ha l’onere di depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica della decisione impugnata sino all’udienza di discussione o all’adunanza in camera di consiglio;
la comunicazione a mezzo PEC a cura della cancelleria del testo integrale della decisione (e non del solo avviso del relativo deposito), consente di verificare d’ufficio la tempestività dell’impugnazione, mentre per quanto riguarda l’autenticità del provvedimento si possono applicare i suindicati principi, sempre che ci si trovi in “ambiente digitale”.