CASS. CIV., SEZ. III, 04/07/2019, N. 17933
«In caso di pluralità di locatori, ciascuno di essi gode di pieni poteri gestori e presumendosi, in difetto di prova contraria, il consenso degli altri locatori – può agire al fine di ottenere il rilascio dell’immobile, dovendosi pertanto escludere la necessità di integrazione del contraddittorio» (Massima non ufficiale)
FATTI DI CAUSA
[Omissis], unitamente alla figlia [Omissis], concesse in locazione e [Omissis] un immobile con circostante terreno alberato.
A fronte del mancato pagamento dei canoni dovuti per il periodo successivo al 1° marzo 2011, la [Omissis] intimò al [Omissis] sfratto per morosità.
Il Tribunale di [Omissis], Sezione Specializzata Agraria (cui la causa era stata rimessa dalla Sezione Dist. di [Omissis] a seguito di eccezione di incompetenza sollevata dal [Omissis]) accolse la domanda della [Omissis], dichiarando la risoluzione del contratto per grave inadempimento del conduttore e ordinando il rilascio del compendio.
In accoglimento del gravame del [Omissis], la Corte di Appello di [Omissis], Sez. Specializzata Agraria ha rimesso la causa al giudice di primo grado ritenendo sussistente un difetto di integrità del contraddittorio per mancata partecipazione al giudizio degli eredi dell’altra parte concedente ([Omissis]).
Avverso tale pronuncia, la [Omissis] ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, con cui ha denunciato la violazione o falsa applicazione dell’articolo 102 c.p.c.; l’intimato non ha svolto attività difensiva.
La causa è stata rimessa alla pubblica udienza, con ordinanza interlocutoria dalla Sesta Sezione Civile.
La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso è fondato alla luce del consolidato orientamento di legittimità – cui il Collegio intende dare continuità – secondo cui “il comproprietario può agire in giudizio per ottenere il rilascio dell’immobile per finita locazione, trattandosi di un atto di ordinaria amministrazione della cosa comune per il quale si deve presumere che sussista il consenso degli altri comproprietari o quanto meno della maggioranza dei partecipanti alla comunione, sicché non ricorre la necessità di integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri partecipanti” (Cass. n. 7416/1999; conformi Cass. n. 3175/1989, Cass. n. 537/2002, Cass. n. 19929/2008) Cass. n. 14530/2009, Cass. n. 1986/2016 e Cass. n. 12386/2016).
Invero, la giurisprudenza di questa Corte ha evidenziato che, “nelle vicende del rapporto di locazione, l’eventuale pluralità di locatori integra una parte unica, al cui interno i diversi interessi vengono regolati secondo i criteri che presiedono alla disciplina della comunione; sugli immobili oggetto di comunione concorrono, quindi, in difetto di prova contraria, pari poteri gestori da parte di tutti i comproprietari in virtù della presunzione che ognuno di essi operi con il consenso degli altri o quantomeno della maggioranza dei partecipanti alla comunione. Ne consegue che il singolo condomino può stipulare il contratto di locazione avente ad oggetto l’immobile in comunione e che ciascun condomino è legittimato ad agire per il rilascio del detto immobile, trattandosi di atto di ordinaria amministrazione per il quale deve presumersi sussistente il consenso già indicato, senza che sia necessaria la partecipazione degli altri e, quindi, l’integrazione del contraddittorio” (Cass. n. 19929/2008);
non risulta pertanto condivisibile l’assunto della sentenza impugnata secondo cui la pronuncia di risoluzione chiesta da uno soltanto dei locatori determinerebbe il risultato inaccettabile di sciogliere il contratto “per una delle parti solamente lasciando inalterato il vincolo nei confronti dell’altra”: deve ritenersi – al contrario – che, ove non consti il dissenso degli altri partecipanti alla comunione, lo scioglimento del rapporto chiesto da uno dei locatori produca effetti per l’intera “unica” parte locatrice;
né risulta conferente il richiamo della Corte territoriale a Cass. n. 9951/1997, secondo cui “in tema di locazione di immobili urbani, l’azione di accertamento della entità del canone (…), mirando a determinare un mutamento nell’ambito del rapporto locativo, ha natura costitutiva e, pertanto, in caso di pluralità di locatori, dà luogo, tra i medesimi, sul piano processuale, ad una situazione di litisconsorzio necessario”; tale pronuncia concerne, infatti, un’ipotesi di litisconsorzio passivo fra i locatori – evocati in giudizio dai conduttori per sentir dichiarare l’illegittimità dell’aumento del canone, con un’azione costitutiva volta a determinare un mutamento del rapporto locativo – in relazione alla quale si impone la partecipazione necessaria al giudizio di tutti i locatori, ma che si pone del tutto al di fuori dell’ambito dell’esercizio dei poteri gestori “pieni” spettanti – dal lato attivo – a ciascun locatore, che viene in rilievo laddove l’iniziativa giudiziaria sia assunta dalla parte locatrice;
egualmente non pertinente è il richiamo al principio enunciato da Cass. n. 2925/1986 (sulla necessaria partecipazione di tutte le parti di un contratto al giudizio volto alla risoluzione dello stesso, dato che la sentenza costitutiva sarebbe inutiliter data se non pronunciata nei confronti di tutti gli interessati) giacché, ancorché condivisibile in termini generali, non tiene conto della peculiarità del rapporto locativo con pluralità di locatori in cui è presumibile – fino a prova contraria – che il singolo locatore, che gode della pienezza dei poteri gestori, agisca anche con il consenso degli altri;
va pertanto ribadito il principio secondo cui, in caso di pluralità di locatori, ciascuno di essi gode di pieni poteri gestori e presumendosi, in difetto di prova contraria, il consenso degli altri locatori – può agire al fine di ottenere il rilascio dell’immobile, dovendosi pertanto escludere la necessità di integrazione del contraddittorio;
la sentenza va dunque cassata, con rinvio alla Corte territoriale, in diversa composizione, perché rivaluti la vicenda alla luce dei principi sopra richiamati;
la Corte di rinvio provvederà anche sulle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di [Omissis], in diversa composizione.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.