In caso di accertamento sintetico induttivo il contribuente, per superare le presunzioni di legge, non deve fornire alcuna prova aggiuntiva circa l’effettiva destinazione del reddito esente o sottoposto a tassazione separata agli incrementi patrimoniali contestati, se non la dimostrazione dell’esistenza di tali redditi, la cui entità deve risultare da idonea prova documentale.
Così recentissimamente si espressa la Corte di Cassazione, Sezione VI con l’ordinanza n. 11388 del 09/05/2017.
Il caso
Ricevuta la notifica di un avviso di accertamento sintetico in materia di imposte sui redditi con l’applicazione del redditometro, il contribuente impugnava detto avviso avanti la Commissione Tributaria Provinciale di Bari, la quale tuttavia rigettava il ricorso. Il contribuente proponeva appello avanti la CTR Puglia, la quale accoglieva le doglianze mosse dal contribuente ritenendo che questi avesse giustificato le maggiori disponibilità finanziarie contestategli dall’Ufficio (nella specie il contribuente aveva dimostrato di aver dismesso delle immobilizzazioni finanziarie, di aver conseguito un indennizzo per il decesso del coniuge etc). Contro la sentenza di secondo grado l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione.
La decisione della Corte
Con l’ordinanza in questione la Corte ha ritenuto infondato il ricorso proposto dall’Ufficio ritenendo ben motivata la sentenza di secondo grado.
In particolare richiamandosi ad un proprio precedente arresto la Corte ha statuito che
«nessun’altra prova deve dare la parte contribuente circa l’effettiva destinazione del reddito esente o sottoposto a tassazione separata agli incrementi patrimoniali se non la dimostrazione dell’esistenza di tali redditi».
Inoltre, ha precisato che
«l’accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, tuttavia la citata disposizione prevede anche che “l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione».
Occorre in sostanza dimostrare che la disponibilità di tali redditi abbia determinato la maggior capacità contributiva del contribuente accertata sinteticamente, escludendo cioè che le maggiori risorse derivanti da tali redditi siano state impiegate per finalità non considerate dall’accertamento sintetico (ad es. un nuovo investimento finanziario).
In conclusione
Considerato che «la sentenza impugnata, in effetti, conferisce il crisma della plausibilità alle prove offerte dalla contribuente», la Corte ha rigettato il ricorso proposto dall’Ufficio con conseguente condanna di quest’ultimo alla spese di lite.