Anatocismo bancario: incubo di una notte di mezza estate (parte prima) La seconda parte dell'articolo sarà pubblicata domani 17/07/2014

 Esattamente alle 18,00 del 10 luglio scorso è scaduto il termine per presentare gli emendamenti al D.L. 91/2014 (pubblicato in G.U. n.144 del 24 giugno 2014), con il quale potrebbe essere reintrodotta (ma è possibile ed auspicabile che il decreto legge non venga convertito) quella prassi bancaria che consente di applicare sul saldo debitore, secondo una certa periodicità, i cd. interessi compositi, ossia gli interessi sugli interessi scaduti (cd. capitalizzazione). In altri termini, il famigerato anatocismo bancario, vietato dal nostro ordinamento all’art. 1283 C.C.

Eliminato dal governo Letta … a sua insaputa, col governo Renzi … si cambia verso

  Eppure solo sei mesi fa la legge di stabilità 2014 del governo Letta-Saccomanni (L. 147/2013, pubblicata in Gazzetta Ufficiale G.U. 27.12.2013 ed entrata in vigore il 1° gennaio 2014) sembrava aver riaffermato il divieto sancito dalla normativa codicistica per l’applicazione di questa stortura giuridico-contabile. Il Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (in applicazione dell’art. 120 del D. Lgs. n. 385/1993 -Testo Unico Bancario- come modificato dall’art. 25 del D. Lgs. n. 342/1999) avrebbe dovuto stabilire le modalità ed i criteri di produzione degli interessi anatocistici, ma la confusa e poco chiara formulazione normativa evidentemente aveva inibito al CICR di emanare la necessaria delibera, lasciando così prevalere l’interpretazione del divieto assoluto per tale prassi.

Ma ecco che, l’art. 31 del citato D.L. 91/2014, il governo Renzi-Padoan ora demanda al CICR di stabilire le modalità e criteri per la produzione, con periodicità non inferiore ad un anno, di interessi sugli interessi, disponendo le seguenti modifiche rispetto alla L. 147/13:

  1. la possibilità di anatocismo sugli interessi capitalizzati di anno in anno e non ogni tre mesi come previsto negli anni precedenti, trattandosi quindi di un ripristino “diluito” in un periodo non inferiore ad un anno ma pur sempre presente;
  2. la limitazione dell’ambito della norma alle operazioni in conto corrente o in conto di pagamento;
  3. la decorrenza della norma dal momento della pubblicazione della nuova delibera CICR per fissare i necessari criteri di attuazione della nuova previsione normativa;
  4. la decorrenza delle nuove norme per i contratti conclusi è disposta a partire dal sessantesimo giorno dalla data di entrata in vigore del citato D.L. 91/14, mentre entro sei mesi, sempre dalla pubblicazione in G.U., è previsto l’adeguamento per i contratti in corso.

Come è nata e come si è consolidata la prassi (illegittima) dell’anatocismo bancario

Dunque, se per modalità, strumenti ed implicazioni finali una prassi consolidata risulta illegittima, questa deve essere disapplicata, sussistendo il rischio che a sua volta si “istituzionalizzi”, nonostante il contrasto con la legge.

Contrasto che, nel caso delle clausole anatocistiche, è evidente ad una attenta lettura dell’art. 1283 C.C.., secondo il quale:

«in mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi».

Va sottolineato proprio come la locuzione iniziale «in mancanza di usi contrari» abbia consentito una straordinaria apertura, prontamente sfruttata dall’Associazione di categoria (Associazione bancaria italiana – A.B.I.) fin dal 1952 attraverso la predisposizione unilaterale delle cd. norme bancarie uniformi, potendo arrivare in tal modo a confondere gli usi negoziali con gli usi normativi, complice la tolleranza di una giurisprudenza acquiescente per circa un trentennio.

Solo sul finire degli anni ’90 due pronunce della Corte di Cassazione, la n. 2374 del 16.03.99 e la n. 3096 del 30.03.99, confermavano un redivivo divieto di anatocismo bancario, negando che tra gli usi normativi richiamati dall’art. 1283 C.C. potessero essere inquadrati anche gli usi contrattuali, sostanzialmente imposti per accedere ai servizi bancari e finanziari con la conseguenza pratica e, senza esagerazione, dai risvolti epocali di stabilire finalmente la nullità delle clausole di capitalizzazione trimestrale degli interessi bancari.

Le norme bancarie uniformi non sono leggi

Nelle sopracitate sentenze venivano identificati gli usi contrari – richiamati dall’art. 1283 C.C.- negli usi normativi di cui agli artt. 1, 4 e 8 delle Disposizioni Preliminari al C.C, che, come sostenuto dalla Corte,

«consistono nella ripetizione generale, uniforme, costante, frequente e pubblica di un determinato comportamento, accompagnato dalla convinzione che si tratti di comportamento (non dipendente da un mero arbitrio soggettivo ma) giuridicamente obbligatorio, e cioè conforme a una norma che già esiste o che si ritiene debba far parte dell’ordinamento (opinio iuris ac necessitatis)».

Quali fonti del diritto obiettivo si distinguono dagli usi negoziali che, disciplinati dall’art.1340 C.C., consistono nella «semplice reiterazione di comportamenti ad opera delle parti di un rapporto contrattuale, indipendentemente non solo dall’elemento psicologico, ma anche dalla ricorrenza del requisito della generalità» la cui efficacia è limitata alla determinazione di un precetto inserito nel regolamento contrattuale, salvo diversa volontà delle parti.

Ecco perché le cosiddette norme bancarie uniformi predisposte ed imposte dall’A.B.I. alle banche associate, essendo semplici proposte delle condizioni generali di contratto, hanno solo natura pattizia e non normativa, assumendo rilevanza solo nel singolo rapporto contrattuale con il cliente, secondo quanto disposto dagli artt. 1341 e 1342 C.C.

L’antinomia tra politica e giurisprudenza

Nonostante i primi albori di quel processo di revisione giurisprudenziale che sarebbe culminato nella storica sentenza  SS.UU. n. 21095 del 04/11/2004, interveniva prontamente l’Esecutivo dell’epoca, il Governo D’Alema-Ciampi-Amato, ad emanare il primo dell’interminabile serie dei cd. provvedimenti “salvabanche”, il citato D.Lgs. n.342/99 (contenente modifiche al D.Lgs. n. 385/93, Testo Unico Leggi Bancarie), pubblicato in data 4 ottobre 1999. Insieme alla nota delibera del CICR del 9/2/2000 veniva nuovamente legittimata, alla sola condizione di parità di trattamento di capitalizzazione tra interessi debitori e creditori, la produzione sbilanciata degli interessi composti a favore delle banche, divenuta possibile oggetto di pattuizione successivamente allo “spartiacque” del 2000.

Se non fosse intervenuta prontamente la Corte Costituzionale con sentenza n. 425 del 17/10/2000 a dichiararne l’illegittimità, la portata innovativa delle sopracitate sentenze del ’99 sarebbe stata vanificata e così altrettanto neutralizzato l’art. 1283 C.C.

Successivamente nel D.L. 29/12/2010, n. 225 (conv., con modificazioni, dalla L. 26/02/2011, n. 10, cd. “Milleproroghe”) il Governo Berlusconi-Tremonti, nella delicata fase di crisi dei mercati con lo spread alle stelle, inseriva una norma (l’art. 2, comma 61 del predetto Milleproroghe) che abbreviava la prescrizione per l’anatocismo sui conti correnti a dieci anni dalla registrazione contabile dell’addebito illegittimo e non dalla data di chiusura del conto; eccone il testo:

«61. In ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente l’articolo 2935 del codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall’annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell’annotazione stessa. In ogni caso non si fa luogo alla restituzione di importi gia’ versati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto».

Ma anche in questo caso la Corte Costituzionale con la sentenza n.78/2012 del 05/04/2012 dichiarava l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 2, comma 61, del D.L. 225/2010 in esame.

(Fine della prima parte)

Nella seconda parte di domani 17/07/2014: la recente evoluzione giurisprudenziale e le conclusioni

  Ecco l’anticipazione dell’indice della seconda parte del contributo in programmazione per domani 17 luglio 2014.

3 La recente evoluzione giurisprudenziale

3.1 Cassazione, Sezioni Unite, n. 21095 del 04/11/2004
3.2 Cassazione, Sezioni Unite, n. 24418 del 02/12/2010
3.3 Cassazione,  Sezione  Prima, n. 15135 del 02/07/14

4  Considerazioni conclusive

Aggiornamento del 17/07/2014: la seconda parte dell’articolo è stata pubblicata. Per continuare a leggere cliccate qui

Documenti & materiali

  Leggi il D. LGS.01/09/1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia)
Leggi il D.LGS. 04/08/1999, n. 342 (modifiche al TU in materia bancaria e creditizia)
Leggi la delibera del CICR del 9/2/2000
Leggi il D.L.29/12/2010, n. 225, conv, in L. 26/02/2011, n. 10
Leggi la L. 27/12/2013, n. 147
Leggi il D.L.24/04/2014, n. 91
Scarica Cass. Civ., Sez. I , 16 / 03 / 1999, n. 2374 (massima)
Scarica Cass. Civ., Sez. I , 30 / 03 / 1999, n. 3096 (massime)
Scarica C. Cost. 17/10/2000, n. 425
Scarica Cass. Civ., Sez. Un., 04/11/2004, n. 21095
Scarica C. Cost. 05/04/2012, n. 78

Author: Avv. Antonella Matricardi

Avvocato, nata a Pesaro il 19 marzo 1965. Iscritta all’Albo degli Avvocati di Pesaro dal 1999. Autrice abituale di Ragionando_weblog - ISSN 2464-8833

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.